05/02/2017

V DOMENICA DOPO L’EPIFANIA Esultate, o giusti, nel Signore -Giornata per la Vita

Anno A Rito Ambrosiano

Introduzione

La gioia del nascere e l’angoscia del morire sono come le due sponde tra le quali scorre il fiume delle molte domande di senso che ciascuno di noi si pone sul mistero del vivere. Primo luogo dell’accoglienza del dono della vita e della risposta al suo mistero sono le nostre famiglie, in cui i genitori si spendono amandosi e amando i loro figli. È necessario tuttavia che anche nella società molti dedichino tempo e intelligenza per allargare gli orizzonti della dignità umana impegnandosi costantemente per offrirla a tutti, soprattutto ai più piccoli, come dono indisponibile al potere. Tra la gioia del nascere e l’angoscia del morire c’è la forza di amare, premura per la vita, grazia di esistere nella pienezza della nostra umanità. Incoraggiamoci oggi ad attraversare ogni istante dell’esistenza con la forza che Gesù manifesta affermando: «Tuo figlio vive». Non è solo speranza di vita buona, ma anche di vita divina, certezza di una vita che passa nella carne ed è eterna in ogni persona a partire dai più piccoli.

MESSA NEL GIORNO

RITI DI INTRODUZIONE

ALL’INGRESSO

Sal 118 (119), 73. 174

Le tue mani, Signore, mi hanno plasmato;

dammi forza di intendere i tuoi precetti.

Anelo alla salvezza che viene da te

e medito la tua legge.

ATTO PENITENZIALE

Fratelli Il Signore Gesù ci invita a scoprire la ricchezza dei suoi do­ni; mentre lo ringraziamo, ci sentiamo chiamati alla riconcilia­zione per le difficoltà e la diffidenza che viviamo nei confronti del prossimo.

(pausa di silenzio)

Tu, Figlio di Dio, che sei venuto a prenderti cura dell’uomo peccatore: Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.

Tu, Figlio unigenito del Padre, che ci mostri la via della misericordia: Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.

Tu, Figlio dell’uomo, che per mezzo dello Spirito rinnovi i cuori dei credenti: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.

Amen.

GLORIA

Gloria a Dio, nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre; tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo; nella gloria di Dio Padre. Amen.

ALL’INIZIO DELL’ASSEMBLEA LITURGICA

Preghiamo.

Custodisci la tua famiglia, o Dio, con la fedeltà del tuo amore; e sostieni sempre la fragilità della nostra esistenza con la tua grazia, unico fondamento della nostra speranza. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA

LETTURA

Is 66, 18b-22

Tutti i popoli verranno e vedranno la mia gloria.

Lettura del profeta Isaia.

Così dice il Signore Dio: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore. Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me – oracolo del Signore –, così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome».

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

SALMO

Sal 32 (33)

Esultate, o giusti, nel Signore.

Tema il Signore tutta la terra,

tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,

perché egli parlò e tutto fu creato,

comandò e tutto fu compiuto. R.

Il Signore annulla i disegni delle nazioni,

rende vani i progetti dei popoli.

Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,

i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. R.

Il Signore guarda dal cielo:

egli vede tutti gli uomini;

dal trono dove siede

scruta tutti gli abitanti della terra,

lui, che di ognuno ha plasmato il cuore

e ne comprende tutte le opere. R.

EPISTOLA

Rm 4, 13-17

La promessa ad Abramo in virtù della fede.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. Se dunque diventassero eredi coloro che provengono dalla Legge, sarebbe resa vana la fede e inefficace la promessa. La Legge infatti provoca l’ira; al contrario, dove non c’è Legge, non c’è nemmeno trasgressione. Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

CANTO AL VANGELO

Gv 3, 35-36

Alleluia.

Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna.

Alleluia.

VANGELO

Gv 4, 46-54

La signoria di Cristo sulla vita: il secondo segno a Cana per il figlio del funzionario.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo. Il Signore Gesù andò di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Parola del Signore.

Lode a te, o Cristo

DOPO IL VANGELO

Is 64, 7

Signore, tu sei nostro Padre

e noi siamo fatti da te.

Noi siamo povera argilla

plasmata dalle tue mani.

PREGHIERA UNIVERSALE

Fratelli e sorelle, col desiderio di essere solidali verso ogni persona che incontriamo sul nostro cammino, invochiamo il Signore Gesù affinché ci faccia crescere nell’amore.

Ascoltaci, Signore.

Signore Gesù, tu vieni a radunare tutte le genti e tutte le lingue: aiutaci a riconoscere in ogni persona un fratello da accogliere in quanto figlio di un unico Padre, ti preghia­mo R.

La giornata della Solidarietà sia per noi tutti monito a esercitare una costante attenzione verso coloro che vivono la sofferenza nel corpo e nello spirito, ti preghiamo. R.

Signore Gesù, donaci di essere testimoni gioiosi e conta­giosi della fede in te, desiderosi che ogni uomo possa cono­scere la potenza di Dio, ti preghiamo. R.

(altre intenzioni)

A CONCLUSIONE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA

O Dio, che solo sei buono e fonte di ogni bontà, fa’ che alla verità del tuo sguardo non abbiamo mai ad apparire indegni e ingrati dei benefici della tua clemenza. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

LITURGIA EUCARISTICA 

PROFESSIONE DI FEDE

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,

(Alle parole «e per opera dello Spirito Santo… si è fatto uomo», tutti si inchinano.)

e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. 

SUI DONI

Ti offriamo, o Padre di misericordia, il sacrificio di pace perché siano cancellate le nostre colpe, e ritrovino serenità e sicurezza i nostri cuori incerti. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

PREFAZIO

È veramente cosa buona e giusta esaltarti, o Dio di infinita potenza. Oggi tu riunisci i credenti a celebrare per la loro salvezza il mistero pasquale. Così ci illumini con la parola di vita e, radunati in una sola famiglia, ci fai commensali alla cena di Cristo. Per questo dono di grazia e di gioia noi rinasciamo a più viva speranza e, nell’attesa del ritorno del Salvatore, siamo stimolati ad aprirci ai nostri fratelli con amore operoso. Esultando con tutta la Chiesa eleviamo a te, o Padre, unico immenso Dio col Figlio e con lo Spirito santo, l’inno della tua lode:

Santo, Santo, Santo… 

ANAMNESI

Mistero della fede.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta.

ALLO SPEZZARE DEL PANE

Sal 30 (31), 17-18a

Fa’ splendere il tuo volto sul tuo servo

e salvami, per la tua misericordia.

Che io non resti confuso, Signore,

perché ti ho invocato.

PADRE NOSTRO

Padre nostro che sei nei cieli,…….. 

ALLA COMUNIONE

Cfr  Is 63, 9. 16

Per amore e misericordia

tu ci hai redento, Signore.

Ci hai sorretto e fatto crescere nel tempo,

giorno dopo giorno,

perché sei il nostro Padre e Salvatore

che vivi nei secoli.

DOPO LA COMUNIONE

Preghiamo.

O Dio onnipotente, che in questa celebrazione ci hai nutrito del Pane di vita, donaci di raggiungere pienamente la salvezza di cui ci ha fatto partecipi il tuo amore infinito. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

RITI DI CONCLUSIONE

Il Signore sia con voi.

E con il tuo Spirito. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.

Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e

Spirito Santo.

Amen.

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Traccia di comprensione Is 66,18b-22; Rm 4,13-17; Gv 4,46-54

don Raffaello Ciccone

V domenica dopo Epifania (anno A)

Lettura del profeta Isaia 66, 18b-22

Siamo alla conclusione del libro di Isaia che delinea il futuro della storia con un linguaggio proprio, detto apocalittico: è la prospettiva di un progetto a cui Dio mette mano nei tempi nuovi che verranno. Nel racconto mitologico della torre di Babele (Gen 11), agli inizi della civiltà, si scopre un avvenimento drammatico, inimmaginabile e voluto da Dio come la divisione dei popoli, conseguenza dell’arroganza dell’umanità che si voleva innalzare al livello di Dio stesso. E per tale motivo Dio ha confuso la potenza dell’unità di linguaggio, pericolosa perché fondamento di potenza, e ha reso indecifrabile il dialogo, svelando l’incapacità di comprensione diventata presto caos, lacerazione e guerra.

Sembrava un’atroce reazione di Dio che non accettava il peccato di insubordinazione e quindi sembrò castigo, e lo fu; ma fu anche il tentativo di salvare l’umanità dalla china dell’ubriacatura e dal delirio che avrebbe portato tutti alla morte. Se l’uomo si fa Dio, si autodistrugge e tutte le dittature lo dimostrano.

Quando il popolo d’Israele sperimenta la sua stessa dispersione, scopre anche la parola di Dio che interviene alla fine del doloroso cammino. Sarà Dio che si affaccerà alla soglia della dispersione dicendo: ” Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria” (v 18). Nella sua umiliazione l’umanità potrà finalmente costruire una sua unità e ritornare a capirsi.

Viene così formulato l’annuncio del pellegrinaggio dei popoli a Gerusalemme. Con loro torna anche il popolo di Dio, disperso dalle guerre e dalle deportazioni. Esso sarà offerto al Signore come un dono purificato, portato sul monte di Gerusalemme “in vasi puri”.

I superstiti delle nazioni (v.19) sono i convertiti che saranno inviati a predicare la fede fino ai confini del mondo, ed è curioso scoprire che qui si parli di pagani convertiti che diventano i primi missionari. Addirittura il Signore chiama al sacerdozio non solo gli ebrei dispersi senza passare dalla discendenza di Levi, la tribù sacerdotale per eccellenza, ma addirittura chiama stranieri convertiti perché anch’essi possano offrire un culto al Signore.

Tutto il testo è un annuncio delle nazioni (da notare il numero sette) che si convertiranno.

Il Vangelo riprenderà la prospettiva di tutte le genti, chiamate per vocazione alla mensa nel regno di

Dio così come lo ha indicato Gesù: “Verranno da oriente e da occidente… e siederanno a mensa nel regno di Dio” (Luca 13,29).

Così la comunità cristiana, per quanto dispersa e disorientata possa essere, se nella quotidianità deve sentirsi responsabile delle proprie azioni e operare per la conversione, sa che il Signore non abbandona; anzi essa porta questa consapevolezza come dote per l’incontro con Cristo, e quindi come speranza per l’umanità poiché ha, come compito, di deporre nel cuore di ogni credente in Gesù, e di ogni persona nel mondo, la fiducia di una presenza e di un richiamo continuo all’unità e alla pace. Celebrare la vita significa consapevolezza di essere, insieme,

amato e inviato da Dio tra i popoli della terra nel tempo e nello spazio.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 13-17

Paolo sta sviluppando una sua convinzione assai chiara, confermata dalla Scrittura: la fede è la sola condizione richiesta da Dio per giustificare l’uomo. E Abramo ne è il vero esempio che garantisce il dono di Dio. Abramo e Sara, anziani, ricevono da Dio più promesse: la promessa del figlio, la promessa della terra, la promessa di una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia della spiaggia del mare, la promessa di una benedizione per tutti i popoli della terra, sua discendenza. Nella fede di Abramo sono figli il popolo d’Israele, quindi i cristiani, a sua volta, inviati a tutte le gente e infine tutti i popoli della terra:

Sara, incredula si sente ricordare da Dio attraverso Abramo: “Non c’è nulla di impossibile per il Signore” (Gn 18,14). Così Abramo, che si fida di Dio, realizzerà la vita anche dove c’è il deserto e diventerà, da pastore errante, proprietario di una terra e capo di popoli, anche se poi, lui stesso, prima di morire, resterà proprietario solo di un pezzo di terra che aveva comperato per seppellirvi Sara .Le promesse di Dio valicano millenni. Abramo lo scoperse e continuò a fidarsi del Signore.

Abramo non ha compiuto nulla per meritarsi la benedizione di Dio, ma il suo merito è stata la fede incondizionata. Così Paolo ricorda che non è il legame di sangue con la stirpe di Abramo che dà diritto alle benedizioni di Dio, ma è la fede simile a quella del patriarca.

A conclusione, in questo brano, Paolo ricorda alla comunità dei cristiani di Roma che la potenza di Dio non solo è capace di ribaltare la morte offrendo la vita (Paolo è annunciatore della risurrezione di Gesù), ma addirittura è capace di riportare all’esistenza ciò che non esiste.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 4, 46-54

Gesù ritorna in Galilea dalla Giudea, passando dalla Samaria dove ha incontrato la Samaritana.

Ora è giunto a Cana, luogo dove si era manifestata la Gloria, e al banchetto degli sposi si era profilata la gioia di una nuova Alleanza nel segno della presenza sorprendente del Messia. E Cana è il luogo della vita che rifiorisce sulla Parola del Signore che è stata creduta.

Un uomo di potere cerca Gesù, avendo percorso circa 20 Km da Cafarnao a Cana: lo ha spiato prima e pedinato poi, sicuro della presenza di Gesù, nel villaggio dove lo avevano individuato.

C’è una richiesta precisa e drammatica: “Devi venire e compiere un prodigio perché il «bambino» viva”. E’ un uomo di potere. Non parla del “figlio” ma del “bambino”. Ha raggiunto Gesù, consapevole della propria impotenza, ma lucido di quello che deve poter fare questo uomo di Dio. Pensa: “Deve dimostrare la sua forza, deve venire con me e guarire il bambino, deve manifestare il suo potere e la sua forza. Se viene da Dio, deve provocare prodigi e deve stupire”.

Gesù si rifiuta di accettare questa logica e rimette in discussione la richiesta. “Signore, scendi per il mio bambino”. La richiesta però esprime fragilità ed debolezza. Con tutti i limiti di una ideologia religiosa distorta è un uomo sofferente e impotente che cerca aiuto.

Gesù accetta di ascoltarlo e lo rimanda con la garanzia di averlo capito e di averlo aiutato, ma tutto è legato solo alla propria parola. “Va. Tuo figlio vive”. Viene ristabilita la parentela, viene rifiutata la manifestazione di potere come l’altro immaginava, viene offerta una strada di fiducia.

E l’altro accetta. Ritorna a casa, senz’altro aver ricevuto se non una assicurazione. A questo punto la strada ha richiesto tempo: almeno il cammino di un giorno. Ma i servi gli si sono fatti incontro, e finalmente rassicurano il padre sulla vita del figlio. La comunicazione non è sulla salute. Non dicono: “È guarito” ma giocano sull’alternativa di impotenza di fronte alla morte.

“Tuo figlio vive”. Tutti noi siamo stati nell’angoscia, tra morte e vita.

Nella verifica ci si accorge che è Gesù, veramente e solo Gesù, accettato e ubbidito sulla sua Parola, che ha salvato il figlio.

Così la presenza di Gesù è aperta ad una misericordia nuova ma anche discreta, diversa dalle attese, fatta di fiducia e di parole, fatta di attenzione e di rischio. Il funzionario del re si è mostrato disponibile a rivedere le proprie attese e le proprie ideologie.

Una famiglia intera crede. Non si dice in che cosa o come. In questo caso “credere” significa accettare, mettersi a disposizione, accogliere l’accaduto come fatto di Dio in Gesù. E’ il credere dell’Evangelista Giovanni che, di fronte al sepolcro vuoto di Gesù e le bende piegate in un angolo, “Vide e credette” (Gv 20,8). E’ il mondo di Dio che è penetrato, che opererà via via nel tempo, facendo accogliere, di volta in volta, parole e proposte nuove, anche se sconcertanti. Sono le nuove logiche di Dio.


Tratto da Qumran2.net