26/02/2017

ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA–detta «del perdono»

Anno ARito Ambrosiano

Introduzione

Il Signore «ci circonda di bontà e misericordia […]. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe»: è la preghiera al centro di questa Domenica che precede l’inizio della Quaresima. La liturgia ci chiama a un serio cammino di conversione per ritornare a Dio che, come il padre della parabola evangelica, ci accoglie e ci dona il suo perdono. «Mi alzerò, andrò da mio padre»: è l’impegno per ciascuno, che nasce direttamente dall’ascolto della parola di Dio. L’impegno a riconoscerci bisognosi del suo sguardo, che sa attendere con fiducia e crea nel nostro cuore l’umiltà del figlio che ascolta e cammina; bisognosi del suo abbraccio, che apre il nostro annuncio al mondo intero.

MESSA NEL GIORNO

RITI DI INTRODUZIONE

ALL’INGRESSO Sal 118, 137. 124a

Tu sei giusto, Signore,

e retto nei tuoi giudizi;

usa misericordia col tuo servo.

ATTO PENITENZIALE

Fratelli carissimi, radunati in una sola famiglia, disponiamo il nostro spirito al pentimento e accostiamoci con fiducia a Dio nostro Padre, che in Cristo suo Figlio ci dona il perdono e la pace.

Tu che ci liberi dal peccato e dalla morte: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Tu che rimproveri e correggi quelli che ami: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Tu che fai festa per ogni peccatore pentito: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Dio onnipotente abbia misericordia di noi perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.

Amen.

GLORIA

Gloria a Dio, nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre; tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo; nella gloria di Dio Padre. Amen.

ALL’INIZIO DELL’ASSEMBLEA LITURGICA

Preghiamo.

Ascolta, o Dio pietoso, la voce della tua Chiesa: donale di superare le ricorrenti avversità della storia e di vivere in pace, libera e fiduciosa al tuo servizio. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA

LETTURA Os 1, 9a; 2, 7a.b-10. 16-18. 21-22

L’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.

Lettura del profeta Osea.

Il Signore disse a Osea: 7«La loro madre, ha detto: “Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande”. Perciò ecco, ti chiuderò la strada con spine, la sbarrerò con barriere e non ritroverà i suoi sentieri. Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. Allora dirà: “Ritornerò al mio marito di prima, perché stavo meglio di adesso”. Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio, e la coprivo d’argento e d’oro, che hanno usato per Baal. Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore».

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

SALMO Sal 102 (103)

Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,

quanto è in me benedica il suo santo nome.

Benedici il Signore, anima mia,

non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

Egli perdona tutte le sue colpe,

guarisce tutte le tue infermità,

salva dalla fossa la tua vita,

ti circonda di bontà e misericordia. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Non ci tratta secondo i nostri peccati

e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.

EPISTOLA Rm 8, 1-4

Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

CANTO AL VANGELO Pr 3, 12

Alleluia. Il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto. Alleluia.

VANGELO Lc 15, 11-32

Il figlio perduto e ritrovato.

Lettura del Vangelo secondo Luca.

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.

Lode a te, o Cristo

DOPO IL VANGELO Sal 101 (102), 12-13

I miei giorni sono come ombra che declina,

come l’erba tagliata inaridisco.

Ma tu, Signore, rimani in eterno,

il tuo ricordo per ogni generazione.

PREGHIERA UNIVERSALE

Fratelli e sorelle, al Dio «buono e grande nell’amore», che dona salvezza e perdono a quanti confidano in lui, rivolgiamo con speranza le nostre implorazioni.

Donaci, Signore, il tuo perdono!

Per la Chiesa: perché, nella riconciliazione e nel perdono fraterno, sappia mostrare il fondamento dell’amore vero, che supera ogni divisione: preghiamo. R.

Per i responsabili delle nazioni, perché impegnino ogni mezzo nella ricerca della pace, della giustizia e della verità: preghiamo. R.

Per tutti noi, perché, nell’accoglienza reciproca e nella solidarietà, sappiamo essere testimoni del Vangelo in ogni ambiente di vita: preghiamo. R.

(altre intenzioni)

A CONCLUSIONE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA

Stendi la tua mano pia e paterna, o Dio di bontà, sul popolo che ti invoca; donaci di vincere il terrore della prepotenza umana, confortaci con la speranza della vita immortale e guida i nostri passi sulla via della tua legge verso la gioia eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen.

LITURGIA EUCARISTICA 

PROFESSIONE DI FEDE

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,

(Alle parole «e per opera dello Spirito Santo… si è fatto uomo», tutti si inchinano.)

e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. 

SUI DONI

Accogli benigno, o Dio, la nostra invocazione ed esalta le nostre povere offerte con la gloria della tua divina presenza perché sia da te avvalorata l’umile semplicità del nostro servizio. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

PREFAZIO

È veramente cosa buona e giusta lodarti ed esaltarti, o Padre di immensa misericordia.

Cristo Signore nostro, mosso a pietà degli errori umani è voluto nascere dalla vergine Maria; con la sua morte volontaria sulla croce ci ha liberato dalla morte eterna e con la sua risurrezione ci ha conquistato a una vita senza fine.

Riconoscenti e gioiosi per questo dono di grazia, ci uniamo concordi alle schiere degli angeli e dei santi che inneggiano alla tua gloria:

Santo, Santo, Santo… 

ANAMNESI

Mistero della fede.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta.

ALLO SPEZZARE DEL PANE

Il Pane di vita è spezzato,

il Calice è benedetto.

Il tuo corpo ci nutra, o Dio nostro,

il tuo sangue ci dia vita e ci salvi.

PADRE NOSTRO

Padre nostro che sei nei cieli,…….. 

ALLA COMUNIONE Sal 103 (104), 33-34

Finché avrò vita canterò al Signore,

finché esisto, voglio inneggiare a Dio.

A lui sia gradito il mio canto,

in lui sarà la mia gioia.

DOPO LA COMUNIONE

Nutra, o Dio, la nostra vita interiore questo Pane divino, di cui ci siamo saziati, e sia efficace rimedio a tutti i nostri mali il corpo e il sangue di Cristo, tuo Figlio, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen.

RITI DI CONCLUSIONE

Il Signore sia con voi.

E con il tuo Spirito. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.

Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.

Amen.

————————————————————————————————————–

Traccia di comprensione per Os 1,9a; 2,7b-10.16-18.21-22; Rm 8,1-4; Lc 15,11-32

don Raffaello Ciccone

Ultima domenica dopo Epifania (anno A)

Lettura del profeta Osea 1, 9a; 2, 7b-10. 16-18. 21-22

Osea è il profeta che apre la serie detta dei «Profeti Minori». Predicò nell’VIII sec. a.C. in Israele, poco dopo il profeta Amos, mentre matura la rovina di quel regno scismatico del nord (721 a.C.) che si era separato dal regno di Giuda dopo la morte di Salomone (931 a.C.).

Il contesto storico vive mutamenti drammatici: le minacce assire, l’assedio e la presa di Samaria, quindi l’insicurezza e la paura, l’instabilità e il senso di abbandono. Il profeta rifiuta il culto degli dei della natura (Baal), e vive questo abbandono come un adulterio che viene fatto verso Dio. La sua predicazione attinge all’esperienza esasperante delle proprie relazioni familiari burrascose. Si è innamorato di Gomer, una prostituta sacra del tempio di Baal. Nonostante i precedenti, egli la sposa.

Nascono tre figli, ma, passati alcuni anni, essa riprende la sua vita depravata, tornando agli antichi amori. Osea, angosciato, sente di essere diventato l’immagine concreta ed evidente del Dio d’Israele, tradito dal suo popolo. Così quel Dio che è stato chiamato il Liberatore, il Pastore, l’Alleato, per la prima volta è chiamato Sposo. È un’immagine ardita, che obbliga a ripensare a rapporti nuovi, di profonda intimità e amore. Il profeta rilegge la storia di Israele: la solitudine dell’Egitto, l’innamoramento gratuito della sposa disprezzata e schiava, il fidanzamento nel deserto. Così si intrecciano storia e simboli mentre la sposa fiorisce in bellezza e riceve infiniti doni dalla terra su cui è stata collocata. E tuttavia non sa riconoscere colui che è veramente innamorato di lei e si

allontana, perdendo la testa dietro alle altre divinità del territorio.

Osea vive la sua tragedia e immagina che l’unico modo per superare l’angoscia sia quello di dimenticare: cacciare di casa la moglie infedele, farle mancare tutto il necessario, abbandonarla a se stessa e perciò liberarsene. Ma Osea si rende conto che è impossibile dimenticare e insieme scopre quanto sia impossibile a Dio dimenticare Israele. La tattica del castigo non porta a nulla e Osea decide di umiliarsi davanti a Gomer per riconquistarla. Così i versetti dal 16 al 22 raccontano i progetti del nuovo fidanzamento sia di Osea sia di Dio. Il verbo che viene usato per annunciare le

nuove nozze con Israele (usato nella Bibbia 11 volte) è riferito alle ragazze vergini. Dio è capace di dimenticare il male e restituisce lo splendore della verginità alla prostituta. E il regalo di nozze di Dio è costituito da cinque doni: la giustizia, il comportamento corretto, l’accoglienza che porta misericordia, l’amore e la fermezza nella fedeltà allo sposo.

Quando verrà Gesù, Egli si dirà lo sposo che porterà i doni preziosi e unici della fedeltà di Dio fino alla morte. Egli è l’Agnello e la Chiesa sarà la sua sposa (Ap 21,9).

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 1-4

San Paolo, sviluppando nel capitolo 8 una riflessione sulla vita cristiana: “La vita secondo lo Spirito” (Rom 8,1-39), lo divide in tre parti:

8,1-13 “La vita secondo la carne e la vita secondo lo Spirito” ( da qui i versetti del testo); 8,14-30 “Figliolanza divina e gloria futura”;

8,31-39 “Inno all’amore di Dio”.

L’apostolo vuole approfondire il significato della fede in Gesù che ci dona lo Spirito. In ciascuno di noi afferma, appartenendo al corpo morto e risorto di Gesù, (7,4). avviene una trasformazione.

La legge di Mosé è, di per sé, giusta, santa; educa al bene. Ma in noi scopriamo più forte la legge del peccato che ci conduce verso il male: “Vedo ciò che è giusto, lo voglio eppure faccio il male che detesto” (7,15). “Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (7,24). Sarà Gesù che libera. Egli ci fa passare al dominio di Dio e lo Spirito offre la sua legge (8,2). Questa trasformazione è possibile poiché Gesù ha preso la nostra stessa carne mortale. Le nostre debolezza e peccaminosità sono state, esse stesse, come la nostra carne, trasferite in Lui, il Giusto, il Santo.

Morendo, la sua carne e il male che ha preso su di sé sono stati distrutti nella morte. In lui prende possesso, come in noi, lo Spirito del risorto. Così da Gesù ereditiamo nuovi stili e valori che inglobano ancora, e insieme superano, l’eccezionale sapienza della Prima Alleanza, “la giustizia della legge” (8,4). Il superamento, per l’unione a Cristo, mediante la fede, si riassume nel comandamento dell’amore. “La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità” (13,10 vedi anche Gal 5,14 e già Mt 22,40.).

Ora viviamo nella pienezza della maturità e accogliamo, nello Spirito, la ricchezza finale di Gesù che completa ciò che Dio, lungo i secoli, aveva detto, educando il suo popolo. Come cristiani, siamo continuamente richiamati a vivere la forza della presenza dello Spirito che abita ogni giorno in noi e stabilisce alleanza e comunione con Dio e con Gesù. Perciò nella quotidianità dovrebbero sparire, o almeno ridimensionarsi, la paura, il pessimismo, la rassegnazione.

Lettura del Vangelo secondo Luca 15, 11-32

Il testo può essere compreso meglio se lo si collega alle prime righe del cap.15. Esse, infatti, danno il vero significato della parabola del Figliol prodigo, oltre quelle della pecora smarrita e della dramma ritrovata.

Gesù, nel vangelo di Luca, racconta queste tre parabole, e, in particolare la terza, poiché sta svelando l’amore di Dio verso “i pubblicani e i peccatori” e sta rispondendo alle mormorazioni dei giusti: i farisei, i teologi, i cultori della legge che rifiutano l’accoglienza e la misericordia di Gesù, così sfacciata e così scandalosa. Perciò queste parabole non sono rivolte ai peccatori. Quando nel Vangelo si dice “Egli disse loro” (v 3) significa che Gesù affronta i perfetti, i puri: sono loro coloro che pretendono di conoscere Dio e la sua giustizia. A loro Gesù parla e dice: “Ecco, con il loro rifiuto verso chi sbaglia, i giusti e i puri mettono addirittura a rischio il loro rapporto con Dio e ne deformano la conoscenza, come il fratello maggiore”.

Questa lettura è particolarmente evidente nella seconda parte della parabola del figliol prodigo, che pure è un racconto splendido ed esaustivo. Ma nella seconda parte acquista un rilievo fondamentale l’atteggiamento del fratello maggiore, come posizione precisa e scandalizzata dei giusti.

Il figlio più giovane di un ricco possidente pretende la sua parte di eredità. A lui che è secondogenito spetta un terzo dei beni mobili mentre il patrimonio immobiliare spetta integralmente al primogenito (Deut 21,17; Lev 25,23 e ss). Al padre, comunque, resta l’usufrutto di tutto ciò che ha, fino alla sua morte.

Il padre non fa nessuna resistenza e divide le sostanze tra i due figli. Il figlio più giovane va in un paese lontano, tra i pagani, visto che usano pascolare i porci. Vive senza una linea morale se non quella del capriccio, del gusto, dell’interesse, dell’emotività, dell’esibizionismo, dello sciupio. La ricerca dei piaceri, di falsi amici e di aberrazioni sessuali si concludono non solo per nausea ma anche per esaurimento di risorse economiche. Alla fine, per poter campare, questo giovane spensierato deve adattarsi al primo lavoro che capita e che risulta degradante poiché deve pascolare animali impuri, senza, tra l’altro, la possibilità di ricuperare possibilità di vita. Il ragazzo, finalmente, “rientra in sé”, il che non vuol dire che si pente ma, stretto dal bisogno, riesce a capire

d’aver impostato una linea di vita totalmente sbagliata e inconcludente. Il ricordo della vita ordinata, del benessere di casa, dell’accoglienza e del rispetto di cui era egli stesso onorato gli fa prendere la decisione di tornare comunque, calpestando anche l’orgoglio. Scopre che il problema che gli si pone è quello della sopravvivenza. E, fondamentalmente, ha fiducia di un padre che lo saprebbe accogliere, almeno così spera, sapendo certamente porre alcune sue condizioni: di resa: “Non più la considerazione di figlio, ma il lavoro come un salariato” ecc.

La descrizione del padre è riassunta in cinque verbi: “Il padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e continuò a baciarlo” (v 20). E al figlio a cui anche i porci hanno negato le carrube, dona una veste lunga (la più bella), l’anello al dito (il sigillo dell’autorità sui servi e sui beni del padre), i sandali ai piedi (è l’uomo libero; gli schiavi camminano scalzi).

La festa è il segno della gioia in cui il padre ripropone il figlio al vertice della sua pregressa dignità, con un atto completamente gratuito in cui non viene verificato assolutamente la presenza o meno del pentimento. È il segno di un amore senza condizioni che il padre offre, senza cercare, tra l’altro, il consenso del figlio maggiore.

Questi ritorna, sfinito dal lavoro, e stordito s’informa con stupore della festa in casa sua, organizzata a sua insaputa e comunque assolutamente eccezionale. Il servo è corretto e dà le indicazioni fondamentali di comprensione. Ma a questo punto il padre deve uscire anche per il figlio fedele che rifiuta di entrare. Questi ritiene, infatti, di avere buoni motivi per dissentire. Non ha ancora scoperto il cuore del padre (non lo chiama mai così, mentre il figlio minore, ritornato, chiama il padre cinque volte quasi per riabituarsi a quell’unico elemento che gli permette di fermarsi in quella casa. Ad analizzare bene le cose, il figlio minore scopre il padre quando torna, il figlio maggiore non sa ancora scoprire il Padre, con cui ha vissuto poiché nel suo cuore ha sempre e solo considerato un padrone.

La parabola finisce qui: non si sa se il fratello maggiore sia entrato a far festa, non si sa quali rapporti siano iniziati tra i due fratelli. L’unica realtà certa è che il padre deve continuamente rieducare coloro che gli sono figli, perché scoprano in lui una paternità preziosa, profonda ed anche diversa che si manifesta per ciascuno in modo unico ed ineguagliabile.


Tratto da Qumran2.net