15/01/2017

II DOMENICA DOPO L’EPIFANIA..Intercede la regina, adorna di bellezza

Anno A Rito Ambrosiano

Introduzione

In queste Domeniche, che seguono alla solennità dell’Epifania, ripercorriamo le prime manifestazioni del Signore. «A Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui»: il segno delle nozze di Cana suscita e accompagna la nostra fede. Nel miracolo del Signore è la sua stessa sollecitudine per l’uomo a manifestarsi, rivelando la sua fedeltà lungo tutta la storia della salvezza. Resi partecipi «dell’esuberanza dei suoi doni», siamo chiamati ad aprirci alla comprensione del suo mistero di amore: è l’«ora» della Pasqua che viene annunciata e resa presente in questa celebrazione, affinché cresca in noi «l’opera della grazia» e ci sia dato «di conseguire i beni offerti alla nostra speranza».

MESSA NEL GIORNO

RITI DI INTRODUZIONE

ALL’INGRESSO Sal 26 (27), 7-9a

Signore, ascolta la mia voce!

Di te il mio cuore ha detto:

«Cerca il suo volto!».

Io cercherò il tuo volto, Signore;

non ti celare mai.

ATTO PENITENZIALE

Fratelli e sorelle, con fiducia, apriamo il nostro spirito al pentimento: le nostre colpe meritano condanna, ma il Signo­re, nella sua infinita misericordia, ci accoglie e ci dona il suo perdono.

(Pausa di silenzio)

Tu che nel segno delle Nozze di Cana hai manifestato la tua gloria: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Tu che ci rendi partecipi dell’esuberanza dei tuoi doni di grazia e fai crescere la nostra fede: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Tu che raccogli nell’unità i tuoi figli dispersi: Kyrie, eléison.

Kyrie, eléison.

Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.

Amen.

GLORIA

Gloria a Dio, nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente.

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre; tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo; nella gloria di Dio Padre. Amen.

ALL’INIZIO DELL’ASSEMBLEA LITURGICA

Preghiamo.

O Dio forte ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA

LETTURA Nm 20, 2. 6-13

L’acqua di Meriba.

Lettura del libro dei Numeri.

In quei giorni. Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne.

Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato.

Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame.

Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro.

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

SALMO Sal 94 (95)

Noi crediamo, Signore, alla tua parola.

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce!

«Non indurite il cuore come a Meriba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». R.

EPISTOLA Rm 8, 22-27

Lo Spirito formula le nostre richieste a Dio.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.

Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

CANTO AL VANGELO Cfr  Gv 2, 2. 11

Alleluia.

Invitato alle nozze in Cana di Galilea,

il Signore Gesù trasformò l’acqua in vino,

e manifestò la sua gloria

e i suoi discepoli credettero in lui.

Alleluia.

VANGELO Gv 2, 1-11

Il segno alle nozze di Cana.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni.

Gloria a te, o Signore.

In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta e centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Parola del Signore.

Lode a te, o Cristo

DOPO IL VANGELO Sal 78 (79), 13

Noi, tuo popolo e gregge che tu pasci,

ci affideremo sempre solo a te,

annunzieremo in eterno le tue lodi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Fratelli e sorelle, nell’acqua mutata in vino si manifesta la volontà del Signore di portare gioia e speranza a ogni uomo: con la certezza di essere esauditi, rivolgiamo al Padre le pre­ghiere che nascono sinceramente dal cuore.

Ascoltaci, Padre buono.

Per la Chiesa: si manifesti sempre più chiaramente come segno di riconciliazione e di unità, e sia invito alla conversio­ne del cuore, ti preghiamo. R.

Per gli uomini e le donne che, nella ricerca di una vita più dignitosa, ancora oggi sono costretti a lasciare il proprio Paese e la propria famiglia: sperimentino la nostra acco­glienza e concreta solidarietà, ti preghiamo. R.

Per noi tutti: sappiamo essere strumenti e <testimoni del Vangelo di Gesù in ogni ambiente di vita, ti preghiamo. R.

A CONCLUSIONE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA

O Dio d’amore, accogli le suppliche di quelli che confidano nella tua misericordia e donaci la tua protezione in ogni avversità della vita. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

LITURGIA EUCARISTICA 

PROFESSIONE DI FEDE

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,

(Alle parole «e per opera dello Spirito Santo… si è fatto uomo», tutti si inchinano.)

e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. 

SUI DONI

Santifica, o Padre, i doni che ti presentiamo e, per questa offerta, purifica i nostri cuori da ogni contaminazione di colpa. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

PREFAZIO

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo, a te, Padre santo, e cantare con voci liete la tua potenza e la tua gloria eterna.

Tu per alleviarci le fatiche della vita ci hai confortato con l’esuberanza dei tuoi doni e per richiamarci alla felicità primitiva ci hai mandato dal cielo Gesù Cristo tuo Figlio e Signore nostro.

Per questo mistero di grazia, uniti agli angeli, proclamiamo esultando l’inno della tua lode:

Santo, Santo, Santo… 

ANAMNESI

Mistero della fede.

Annunziamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta.

ALLO SPEZZARE DEL PANE Sal 3, 5. 7a

Con la mia voce ho gridato al Signore e dal suo monte santo mi ha ascoltato. Non temerò l’assalto neppure di mille nemici.

PADRE NOSTRO

Padre nostro che sei nei cieli,…….. 

ALLA COMUNIONE Sal 32 (33), 18-19

Il Signore veglia sui suoi fedeli

e su chi spera nella sua pietà.

Egli li strappa dalla morte

e li nutre se hanno fame.

DOPO LA COMUNIONE

Preghiamo.

Con la forza e la gioia dell’alimento celeste, di cui ci hai paternamente nutrito alla tua mensa, fa’ crescere in noi, o Dio vivo e vero, l’opera della tua grazia; e concedi che questo Pane di vita ci renda capaci di conseguire i beni eterni offerti alla nostra speranza. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

RITI DI CONCLUSIONE

Il Signore sia con voi.

E con il tuo Spirito. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.

Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.

Amen.

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Traccia di comprensione per Nm 20,2.6-13; Rm 8,22-27; Gv 2,1-11

don Raffaello Ciccone

II domenica dopo Epifania (anno A) (16 gennaio 2011)

Lettura del libro dei Numeri 20, 2. 6-13

Questo racconto di sofferenza e di paura si svolge nel deserto di Kades e viene riportato come un episodio che si sviluppa verso la conclusione dell’esperienza dei quarant’anni del deserto. Lo stesso racconto ha delle analogie con un avvenimento (Es 17,1-7) riportato all’inizio dell’esperienza del deserto. L’episodio del libro dei Numeri aggiunge il divieto e la motivazione dell’impossibilità, per Aronne e Mosè, di entrare nella terra promessa.

Alle due località viene dato lo stesso nome di Meriba che significa “contesa”. Il popolo discute e, in un certo senso, denuncia Dio stesso e Mosé perché, inquieto del proprio futuro, dà a loro la colpa della propria insicurezza e del futuro della propria morte.

In questo episodio l’autore biblico probabilmente coinvolge anche Mosé e Aronne in un atteggiamento e quindi comportamento di diffidenza verso Dio, espresso dal fatto di aver percorso due volte la roccia (La roccia richiama spesso nell’Antico Testamento lo stesso Signore, riferimento stabile e garantito per ogni credente).

Nel primo episodio del libro dell’Esodo il racconto parla espressamente: “Io sarò davanti a te sulla roccia nel Nord; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà” (Esodo 17,6).

Nell’episodio del libro dei Numeri, tuttavia, Dio semplicemente ordina di “parlare alla roccia”: “Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame”. È difficile rilevare le differenze tra il comando di Dio e l’azione di Mosé, salvo quello di battere due volte la roccia piuttosto che di parlare alla roccia stessa, ma l’autore biblico si ferma a queste constatazioni.

Comunque è visibile una preoccupazione di Mosè che gli fa dividere il Signore dalla sua parola.

Di fatto può nascere da qui il rimprovero del “Non avere avuto fiducia in me per dar gloria al mio nome santo”. Teologicamente viene ricordato che coloro di cui Dio si fida e che si mettono sulla strada della sua volontà e della sua obbedienza, spesso, non sanno superare il male, la fragilità e le infedeltà. E tuttavia il Signore li chiama e, attraverso loro, il Signore stesso svolge opere di speranza e di salvezza, senza permettere che i suoi progetti possano venire annullati.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 22-27

San Paolo, nel capitolo VIII, parla della vita secondo lo Spirito, confrontandola con la vita secondo la carne. Chi crede in Gesù riceve il dono dello Spirito e solo lo Spirito permette a ciascuno di superare le difficoltà del male, di saper vivere secondo giustizia, di camminare nella Sapienza di Dio. Il confronto tra la vita della carne e la vita dello Spirito si allinea sui desideri: ci sono desideri che portano alla morte e desideri che portano alla vita e alla pace.

Così ciascuno, guidato dallo Spirito di Dio perché ha accolto la Parola di Gesù, diventa veramente un figlio che può permettersi di chiamare “Papà” Dio stesso. Ma questa garanzia non ci viene dalla carne. E’ lo Spirito che ci fa eredi di Dio, coeredi di Cristo se accettiamo come lui di lottare, nonostante le sofferenze, per camminare e partecipare nella gloria. È sempre lo Spirito che attesta a ciascuno di noi che siamo figli. Il richiamo al confronto tra la sofferenza e la gloria permette a Paolo di ricordare che non sono paragonabili: la sofferenza è breve, la gloria è grandiosa ed eterna.

Il mondo materiale, creato per l’uomo, partecipa allo stesso destino dell’uomo. Come il corpo dell’uomo è destinato alla gloria, anche il mondo sarà oggetto di redenzione e parteciperà alla «libertà» dello stato glorioso (8, 23). Se la filosofia greca voleva liberare lo spirito dalla materia considerata come cattiva, il cristianesimo libera la stessa materia con la medesima speranza dell’umanità salvata.

Ma “se abbiamo lo stesso destino e viviamo nella stessa speranza per cui attendiamo con perseveranza”, noi abbiamo un compito fondamentale: riempire questa attesa, aprire il cuore e aiutare il mondo al cambiamento nella preghiera. Ma noi non sappiamo pregare.

Le nostre invocazioni sono solo tentativi per fare aderire Dio ai nostri progetti. E allora lo Spirito viene in soccorso alla nostra debolezza e ci suggerisce quello che dobbiamo dire al Padre, poiché “lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili” (v 26). Pregare allora e accogliere la volontà di Dio, aprire il cuore alla sua luce, illuminati dallo Spirito che “scruta tutte le cose, anche le profondità di Dio” (1 Cor 2,10) e ci fa partecipe dei suoi misteri.

I pensieri del Signore sono incomprensibili alla mentalità di questo mondo e quindi sono definiti “gemiti ineffabili”. Ma se ci orientiamo e ci mettiamo a disposizione dello Spirito, Egli ci educa ai pensieri di Dio e alla sua volontà e quindi ci conduce alla conversione del cuore.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11

Giovanni, con il miracolo di Cana posto all’inizio del suo Vangelo, per un verso sconcerta poiché, tra le tante fatiche e dolori che gli uomini vivono, Gesù incomincia i suoi segni, semplicemente, portando vino agli sposi in una festa di nozze di poveri. Tanto più che è il primo dei sette “segni” che Giovanni racconta tra i moltissimi che potrebbe raccontare (20,30) ed è, addirittura, posto ai vertici della gloria di Gesù: “Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (2,11).

Per un altro verso suggerisce un significato teologico profondissimo: Gesù porta doni e rigenerazione al mondo.

Questo segno è posto alla fine di una settimana, al “settimo giorno”, tenendo presente che Giovanni inizia tutto il suo Vangelo con “in principio” in perfetto parallelo con il richiamo dell’inizio del tempo della creazione (Gen 1) e le nozze di Cana corrispondono alla pienezza e al completamento della creazione (settimo giorno) e quindi al riposo di Dio.

Il testo di Giovanni si presenta carico di richiami, di storia biblica, di anticipazioni, di progetti, di novità, tanto più che il seguito di questo miracolo, nello stesso capitolo, è l’anticipazione di un gesto drammatico che tutti gli evangelisti raccontano alla fine della vita di Gesù e che Giovanni invece colloca qui, all’inizio come seguito delle nozze di Cana: e cioè la purificazione del tempio e il tentativo di Gesù di scacciare dal tempio i mercanti (Gv 2,13-22).

In questo caso Giovanni anticipa il significato del racconto del suo Vangelo: Gesù è il nuovo sposo che porta la gioia a coloro che incontra ed è colui che rigenera la religiosità del popolo, riconducendolo ad un rapporto coerente e fiducioso con Dio.

Il matrimonio, nella Scrittura, è preso a significato di un rapporto di alleanza profondo e totale che Dio ha con il suo popolo (Israele è la sposa). Gesù interviene a questo banchetto, ma manca il vino della gioia. Israele vive questo rapporto, preoccupato del rispetto cavilloso e angoscioso della legge: manca persino l’acqua perché le giare sono vuote. Le nozze di Cana rappresentano Israele deluso.

La madre di Gesù, Maria, non ricorre al capotavola, né ai capi religiosi che sono incapaci di organizzare una vera festa. Il ruolo della madre è ancora nel mondo dell’alleanza antica, ma ella riconosce il Messia, ripone in lui la speranza, fa presente la situazione, pur attraverso un atteggiamento che prende le distanze: “Non hanno più vino” e non “non abbiamo vino”. Maria capisce che ci sono le grandi carenze di Israele e solo Gesù può porre rimedio.

Ricorre a Gesù. “Non è ancora l’ora”, dice Gesù. L’ora di Gesù è la morte, il momento del capovolgimento totale, dell’amore pieno che cambia il mondo. Anche allora sarà presente “la donna” (19,25): Maria.

E se anche non è ancora giunta la sua ora, la fede di Maria, custode della fedeltà con Dio come la fede della sua futura comunità, è capace di costringerlo ad iniziare i segni nuovi di Dio.

Ora Maria invita a fare quello che Gesù comanda, Ella non sa il futuro, ma è disposta a seguire e a far seguire Gesù ovunque.

Le giare di pietra ricordano la legge, vuote come il vecchio patto; “per la purificazione..” indica che gli ebrei sono consapevoli della propria indegnità; e infine le giare sono 6, un numero imperfetto. Sarà Gesù a riempire di gioia, e mentre l’acqua scorre sul corpo, il vino entra nel corpo e dà pienezza e amore (il simbolo del vino nel Cantico dei Cantici: 1,2; 7,10; 8,2).

Gesù è presente, praticamente, alla fine della festa (le feste del matrimonio duravano 7 giorni) e regala una gran quantità di vino (500 o 600 litri).

Siamo solo all’inizio, ma Gesù si prepara ad annunciare la novità del Padre e quindi a passare da questo mondo al Padre (13,1), dando l’acqua nuova che zampilla per la vita eterna (4,14), che scaturisce dal suo costato (19,34) insieme al sangue: acqua della vita e sangue di amore.

La religiosità che Gesù vuole proporre, allora, è consapevolezza di speranza, è accoglienza coraggiosa, è attenzione ai bisogni veri delle persone, è coraggio di osare, è novità per tutti coloro che sono rassegnati e delusi. Ogni religiosità, anche la nostra, deve fare i conti con le nozze di Cana.


Tratto da Qumran2.net |