Nel libro della Genesi, al secondo capitolo, viene proposto un nuovo racconto della creazione rispetto a quello del cap I (impostato, per intenderci, sui 6 giorni+1) e viene sviluppato, particolarmente, il progetto di Dio sulla umanità e quindi sulla coppia e sul matrimonio.
– Dio vuole offrire all’uomo (maschio) amicizia e collaborazione, facendolo uscire dalla solitudine (18). Ma trovare la gioia per l’uomo è difficile e sembra che Dio stesso vada per tentativi.
– Gli animali splendidi e variopinti sono un dono all’uomo: simili a lui nel corpo perché tratti dal fango, assolutamente diversi nella loro esistenza poiché l’umanità ha ricevuto vita dallo Spirito di Dio (2,7). L’uomo può dare ad ogni animale un nome, dimostrando di esserne il padrone. Così, con una tale presa di possesso, l’uomo li riconosce, coordina, mette ordine nella creazione. Egli inizia una comunicazione nel mondo.
– Ma non c’è un “aiuto simile” (v.20) all’uomo. Così Dio riprende il suo lavoro con fantasia: Egli vuole rendere felice l’uomo, poiché questo è il suo progetto. Il secondo racconto della creazione (Gen 2,18-24) è fondamentalmente centrato sulla ricerca di un mondo gioioso. Questo è possibile quando viene superata la solitudine, e quindi esiste un rapporto di reciprocità e di parità. E’ bello leggere nella Bibbia che Dio stesso è alla ricerca di soluzioni perché fuori di sé ci sia contentezza. E la soluzione, che è attesa, progetto, sogno, si concretizza quando il Signore crea la donna. “Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile“, ma il testo ebraico dice: “Qualcuno che sia come il suo di fronte“. La donna non è tanto aiuto materiale, né semplice compagna ma comunicazione alla pari, rapporto tra persone, reciprocità. Un racconto rabbinico dice che Dio non ha tratto la donna dai piedi perché fosse sottomessa, né dalla testa perché diventasse padrona ma dal fianco dell’uomo perché potessero insieme costruire un mondo sempre nuovo, in collaborazione. La parola “aiuto“, in ebraico, è particolarmente usata per Dio (“Tu sei il mio aiuto: Sal 70,6). Perciò la donna è presente come Dio è aiuto per portare alla piena realizzazione la coppia. Il nome della donna non viene pronunciato direttamente dall’uomo: esprimerebbe una padronanza dell’uomo sulla donna, come per gli animali. Viene pronunciato da Dio: “La si chiamerà Ishshà (donna) perché tratta dall’Ish (uomo)“. La donna non è perciò sottomessa a nessuno. Sarà sottomessa a Dio. Essa sarà “uoma”, da “uomo” richiamo della sua provenienza e della sua parità.
– Perciò il racconto pone le radici e le motivazioni per i richiami della vita adulta della coppia: l’attrazione (la scoperta dell’amore del tempo della giovane maturità), l’unione della coppia (superamento della legge del sangue per l’abbandono del padre e della madre, perciò abbandono della dipendenza per una realtà nuova), la procreazione (“i due saranno una carne sola” nella carne del figlio) (v.24).
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Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini. 5, 21-33
Questa lettera scritta da Paolo alla Chiesa di Efeso, probabilmente da Roma negli anni 61-63 d.C. oppure prima, da Cesarea (58-60 d.C.), ha come tema fondamentale il piano divino che chiama tutti- giudei e pagani -alla salvezza mediante l’adesione alla Chiesa (corpo) di cui Cristo è il capo. E’ una teologia che coinvolge il valore della Chiesa in rapporto a Gesù e corrisponde a quella riflessione che già alcuni decenni fa veniva particolarmente riproposta come ” teologia del Corpo Mistico”.
La Chiesa è radicata nel mondo e segno di speranza. È costituita da credenti a cui Paolo dice: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.”(5,1). Il “camminare nella carità” propone, nello stesso tempo, le esigenze della vita di ogni cristiano e i suoi orientamenti a Cristo che è il suo modello fondamentale.
Così, per alcuni versetti, (5,8-14) lo scrittore della lettera sviluppa una linea di comportamenti sapienziali, tutta nell’ottica del contrasto fra tenebre e di luce. La condotta dei cristiani deve essere quella dei “Figli della luce” e ovviamente, deve far maturare frutti di luce: “Il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore” (5,9).
A questo punto, nella lettera, vengono ricordati non solo i rapporti di coerenza personale, ma anche alcuni dei rapporti fondamentali che ogni persona ha con altri, a cominciare dalla coppia (5,22-33). Si continua con il rapporto tra padri e figli (6,1-4), e infine col rapporto con gli schiavi (6,5-9).
Noi oggi leggiamo il testo molto complesso che riguarda il rapporto con la coppia. Ma tutto il capitolo, come questa riflessione sulla coppia, in particolare, va letto alla luce del versetto: 5, 21: “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri”.
– La sottomissione è reciproca tra le persone, nell’intento di eliminare la prepotenza e la prevaricazione sull’altro. Vanno ricercati il rispetto per la vita di ciascuno, il rapporto sapienziale, una matura reciprocità che chiarisce la sottomissione allo stile di Gesù. E “nel timore di Cristo” non fa riferimento alla paura, ma piuttosto alla trepida sollecitudine nella disponibilità al servizio.
– Il testo sulla coppia si è prestato a molte ambiguità, immaginando che la Scrittura giustificasse la cultura maschilista del mondo ebraico e del nostro mondo, compreso quello della Comunità cristiana. Quel che non si è tenuto presente è che Paolo deve affrontare la problematica della donna in un contesto culturale dove la donna è sottomessa. Paolo stesso non è esente, da buon rabbino, da tale mentalità e tuttavia è obbligato a ripensare questi diffusi criteri culturali, alla luce della Parola di Gesù. Gesù stesso si è sottomesso, ma la sua sottomissione non è solo ubbidienza o soggezione, ma volontà, scelta, disponibilità ad un amore grande che supera le gerarchie e le dipendenze.
– In pratica Paolo dice che “i criteri culturali” che la donna vive nella coppia devono essere trasformati in attenzione, valore, significato di accoglienza e di amore. E il confronto con Cristo vale anche per il marito. L’uomo deve accettare di essere disponibile ad un amore che difende, che purifica, che rende bella e libera la sposa. Egli la ama fino a dare la vita per lei. Il linguaggio suppone molti richiami al Primo Testamento. Il matrimonio diventa immagine dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Paolo lo chiama “mistero”: piano provvidenziale tra Dio e il suo popolo che ha trovato come una immagine, una parabola del proprio rapporto, proprio nella coppia e nel patto di fedeltà e di cammino comune dell’uomo e della donna.
– Perciò tra cristiani si può fare un parallelo grandioso: ogni matrimonio si rispecchia nelle scelte totali di Gesù e ogni richiamo alle scelte di Gesù trova la sua immagine, più o meno trasparente, ma sempre immagine, nel matrimonio.
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Vangelo secondo Marco. 10, 1-12
Marco, nel suo racconto di lento avvicinamento di Gesù ed i discepoli a Gerusalemme, intende proporre agli adulti uno stile di vita e di scelte per aiutare a capire che cosa significa essere suoi discepoli o “prendere le croce e seguirlo’.
Cosi, nel cap.10, vengono proposte 5 linee di comportamenti fondamentali affinché un credente faccia una sua scelta coerente:
– il matrimonio indissolubile,
– il valore del bambino e del povero che debbono essere messi al centro della comunità,
– il condividere in fatto di ricchezza,
– il servizio prestato da parte di chi è grande,
– il cercare Gesù nella sua concretezza, “figlio di Davide” e insistere senza scoraggiarsi né scandalizzarsi di lui.
Noi oggi leggiamo solo la prima proposta che vuole fondare la mentalità nuova della famiglia e quindi il pensiero di Gesù sul matrimonio e sul divorzio.
La discussione sul divorzio (o meglio “ripudio del marito verso la donna”) è portata a Gesù poiché la legislazione, molto generica di Mosè, permette al marito (non alla donna) di ripudiare la moglie per aver trovato in lei qualche “cosa di vergognoso” (Deut 24,1- 4). Questo vago testo viene interpretato in modo rigorista alla scuola di Shammai (“ci vogliono solo fatti gravi:. ad esempio un adulterio o un tradimento”), e viene interpretato in modo blando alla scuola di Hillel ((“qualunque cosa sconveniente e sgradita al marito). A Gesù chiedono il suo parere e la sua scelta giuridica. Gesù ne fa una questione sapienziale e si collega al progetto iniziale di Dio. Così invita a rileggere i primi capitoli della Bibbia per scoprire l’armonia e chiama “durezza di cuore” l’incapacità a saper vedere la bellezza del disegno di Dio, incapacità perché legati a cavilli giuridici e non alla volontà e ai desideri di Dio. Se è Dio che congiunge, solo Dio scioglie.
Gesù non contrappone Mosè a Dio ma lo supera dicendo: “Oggi iniziano i tempi nuovi che fanno riferimento, in modo chiaro e completo, al Padre”.
Marco, che scrive il suo Vangelo per i romani, conclude con l’ipotesi del ripudio anche da parte della donna, adeguandosi al pensiero di Gesù mentre traduce i valori nella Comunità cristiana, all’interno delle diverse culture.
Ho ricordato. all’inizio, che la vita cristiana non si esaurisce nella riflessione sul matrimonio cristiano sulla sua indissolubilità. E’ certamente una grande scelta che però va maturata nelle altre proposte ricordate prima: l’accoglienza dei piccoli e dei poveri, la condivisione, il servizio, la preghiera coraggiosa a Gesù.
Probabilmente questa lettura andrebbe ripresa con fiducia e con coraggio.
Il convegno mondiale della famiglia ci ha aiutati a rileggere la bellezza del progetto di unità della famiglia, la sollecitudine della Comunità cristiana a vivere questa scelta, il valore di segno, fondamentale e coraggioso, oltre che gioioso, che la famiglia porta nel mondo: segno di fedeltà che richiama l’Alleanza.
Il fatto di avere, però, unito insieme “lavoro e festa” ci ha incoraggiati ad entrare nel vivo della realtà famigliare: la bellezza di una autonomia e la garanzia del benessere quando ci sono competenza e lavoro, ma anche la fatica, i pericoli di dilacerazione per la povertà, soprattutto in questa società ricca, l’incapacità a comunicare per le delusioni e le spaccature interne.
Il Convegno ci ha obbligato a ripensare in termini concreti ad una più concreta lettura pastorale. E’ necessario entrare nella conoscenza delle cause delle fratture, nella ricerca di soluzioni, nel sostegno di situazioni fragili, nell’accompagnamento di persone disarmate e senza risorse. E’ importante riprendere la sensibilità per un impegno politico, dovendo affrontare problemi di giustizia sociale, di economia, di responsabilità sul territorio, di impegno sulla crescita e sul lavoro.
Resta aperto tutto l’orizzonte dei valori civici della cittadinanza, i temi e il rispetto della legalità, i rapporti tra persone nella propria nazione e nel mondo intero.
Per le nuove generazioni vanno incoraggiati la ricerca e lo studio per tutti.
III DOMENICA DOPO PENTECOSTE –
10/06/2018
COMMENTO ALLE LETTURE DOMENICALI -
don Raffaello Ciccone
Genesi 2, 18-25; Efesini. 5, 21-33; Marco. 10, 1-12
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Genesi 2, 18-25
Nel libro della Genesi, al secondo capitolo, viene proposto un nuovo racconto della creazione rispetto a quello del cap I (impostato, per intenderci, sui 6 giorni+1) e viene sviluppato, particolarmente, il progetto di Dio sulla umanità e quindi sulla coppia e sul matrimonio.
– Dio vuole offrire all’uomo (maschio) amicizia e collaborazione, facendolo uscire dalla solitudine (18). Ma trovare la gioia per l’uomo è difficile e sembra che Dio stesso vada per tentativi.
– Gli animali splendidi e variopinti sono un dono all’uomo: simili a lui nel corpo perché tratti dal fango, assolutamente diversi nella loro esistenza poiché l’umanità ha ricevuto vita dallo Spirito di Dio (2,7). L’uomo può dare ad ogni animale un nome, dimostrando di esserne il padrone. Così, con una tale presa di possesso, l’uomo li riconosce, coordina, mette ordine nella creazione. Egli inizia una comunicazione nel mondo.
– Ma non c’è un “aiuto simile” (v.20) all’uomo. Così Dio riprende il suo lavoro con fantasia: Egli vuole rendere felice l’uomo, poiché questo è il suo progetto. Il secondo racconto della creazione (Gen 2,18-24) è fondamentalmente centrato sulla ricerca di un mondo gioioso. Questo è possibile quando viene superata la solitudine, e quindi esiste un rapporto di reciprocità e di parità. E’ bello leggere nella Bibbia che Dio stesso è alla ricerca di soluzioni perché fuori di sé ci sia contentezza. E la soluzione, che è attesa, progetto, sogno, si concretizza quando il Signore crea la donna. “Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile“, ma il testo ebraico dice: “Qualcuno che sia come il suo di fronte“. La donna non è tanto aiuto materiale, né semplice compagna ma comunicazione alla pari, rapporto tra persone, reciprocità. Un racconto rabbinico dice che Dio non ha tratto la donna dai piedi perché fosse sottomessa, né dalla testa perché diventasse padrona ma dal fianco dell’uomo perché potessero insieme costruire un mondo sempre nuovo, in collaborazione. La parola “aiuto“, in ebraico, è particolarmente usata per Dio (“Tu sei il mio aiuto: Sal 70,6). Perciò la donna è presente come Dio è aiuto per portare alla piena realizzazione la coppia. Il nome della donna non viene pronunciato direttamente dall’uomo: esprimerebbe una padronanza dell’uomo sulla donna, come per gli animali. Viene pronunciato da Dio: “La si chiamerà Ishshà (donna) perché tratta dall’Ish (uomo)“. La donna non è perciò sottomessa a nessuno. Sarà sottomessa a Dio. Essa sarà “uoma”, da “uomo” richiamo della sua provenienza e della sua parità.
– Perciò il racconto pone le radici e le motivazioni per i richiami della vita adulta della coppia: l’attrazione (la scoperta dell’amore del tempo della giovane maturità), l’unione della coppia (superamento della legge del sangue per l’abbandono del padre e della madre, perciò abbandono della dipendenza per una realtà nuova), la procreazione (“i due saranno una carne sola” nella carne del figlio) (v.24).
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Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini. 5, 21-33
Questa lettera scritta da Paolo alla Chiesa di Efeso, probabilmente da Roma negli anni 61-63 d.C. oppure prima, da Cesarea (58-60 d.C.), ha come tema fondamentale il piano divino che chiama tutti- giudei e pagani -alla salvezza mediante l’adesione alla Chiesa (corpo) di cui Cristo è il capo. E’ una teologia che coinvolge il valore della Chiesa in rapporto a Gesù e corrisponde a quella riflessione che già alcuni decenni fa veniva particolarmente riproposta come ” teologia del Corpo Mistico”.
La Chiesa è radicata nel mondo e segno di speranza. È costituita da credenti a cui Paolo dice: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.”(5,1). Il “camminare nella carità” propone, nello stesso tempo, le esigenze della vita di ogni cristiano e i suoi orientamenti a Cristo che è il suo modello fondamentale.
Così, per alcuni versetti, (5,8-14) lo scrittore della lettera sviluppa una linea di comportamenti sapienziali, tutta nell’ottica del contrasto fra tenebre e di luce. La condotta dei cristiani deve essere quella dei “Figli della luce” e ovviamente, deve far maturare frutti di luce: “Il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore” (5,9).
A questo punto, nella lettera, vengono ricordati non solo i rapporti di coerenza personale, ma anche alcuni dei rapporti fondamentali che ogni persona ha con altri, a cominciare dalla coppia (5,22-33). Si continua con il rapporto tra padri e figli (6,1-4), e infine col rapporto con gli schiavi (6,5-9).
Noi oggi leggiamo il testo molto complesso che riguarda il rapporto con la coppia. Ma tutto il capitolo, come questa riflessione sulla coppia, in particolare, va letto alla luce del versetto: 5, 21: “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri”.
– La sottomissione è reciproca tra le persone, nell’intento di eliminare la prepotenza e la prevaricazione sull’altro. Vanno ricercati il rispetto per la vita di ciascuno, il rapporto sapienziale, una matura reciprocità che chiarisce la sottomissione allo stile di Gesù. E “nel timore di Cristo” non fa riferimento alla paura, ma piuttosto alla trepida sollecitudine nella disponibilità al servizio.
– Il testo sulla coppia si è prestato a molte ambiguità, immaginando che la Scrittura giustificasse la cultura maschilista del mondo ebraico e del nostro mondo, compreso quello della Comunità cristiana. Quel che non si è tenuto presente è che Paolo deve affrontare la problematica della donna in un contesto culturale dove la donna è sottomessa. Paolo stesso non è esente, da buon rabbino, da tale mentalità e tuttavia è obbligato a ripensare questi diffusi criteri culturali, alla luce della Parola di Gesù. Gesù stesso si è sottomesso, ma la sua sottomissione non è solo ubbidienza o soggezione, ma volontà, scelta, disponibilità ad un amore grande che supera le gerarchie e le dipendenze.
– In pratica Paolo dice che “i criteri culturali” che la donna vive nella coppia devono essere trasformati in attenzione, valore, significato di accoglienza e di amore. E il confronto con Cristo vale anche per il marito. L’uomo deve accettare di essere disponibile ad un amore che difende, che purifica, che rende bella e libera la sposa. Egli la ama fino a dare la vita per lei. Il linguaggio suppone molti richiami al Primo Testamento. Il matrimonio diventa immagine dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Paolo lo chiama “mistero”: piano provvidenziale tra Dio e il suo popolo che ha trovato come una immagine, una parabola del proprio rapporto, proprio nella coppia e nel patto di fedeltà e di cammino comune dell’uomo e della donna.
– Perciò tra cristiani si può fare un parallelo grandioso: ogni matrimonio si rispecchia nelle scelte totali di Gesù e ogni richiamo alle scelte di Gesù trova la sua immagine, più o meno trasparente, ma sempre immagine, nel matrimonio.
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Vangelo secondo Marco. 10, 1-12
Marco, nel suo racconto di lento avvicinamento di Gesù ed i discepoli a Gerusalemme, intende proporre agli adulti uno stile di vita e di scelte per aiutare a capire che cosa significa essere suoi discepoli o “prendere le croce e seguirlo’.
Cosi, nel cap.10, vengono proposte 5 linee di comportamenti fondamentali affinché un credente faccia una sua scelta coerente:
– il matrimonio indissolubile,
– il valore del bambino e del povero che debbono essere messi al centro della comunità,
– il condividere in fatto di ricchezza,
– il servizio prestato da parte di chi è grande,
– il cercare Gesù nella sua concretezza, “figlio di Davide” e insistere senza scoraggiarsi né scandalizzarsi di lui.
Noi oggi leggiamo solo la prima proposta che vuole fondare la mentalità nuova della famiglia e quindi il pensiero di Gesù sul matrimonio e sul divorzio.
La discussione sul divorzio (o meglio “ripudio del marito verso la donna”) è portata a Gesù poiché la legislazione, molto generica di Mosè, permette al marito (non alla donna) di ripudiare la moglie per aver trovato in lei qualche “cosa di vergognoso” (Deut 24,1- 4). Questo vago testo viene interpretato in modo rigorista alla scuola di Shammai (“ci vogliono solo fatti gravi:. ad esempio un adulterio o un tradimento”), e viene interpretato in modo blando alla scuola di Hillel ((“qualunque cosa sconveniente e sgradita al marito). A Gesù chiedono il suo parere e la sua scelta giuridica. Gesù ne fa una questione sapienziale e si collega al progetto iniziale di Dio. Così invita a rileggere i primi capitoli della Bibbia per scoprire l’armonia e chiama “durezza di cuore” l’incapacità a saper vedere la bellezza del disegno di Dio, incapacità perché legati a cavilli giuridici e non alla volontà e ai desideri di Dio. Se è Dio che congiunge, solo Dio scioglie.
Gesù non contrappone Mosè a Dio ma lo supera dicendo: “Oggi iniziano i tempi nuovi che fanno riferimento, in modo chiaro e completo, al Padre”.
Marco, che scrive il suo Vangelo per i romani, conclude con l’ipotesi del ripudio anche da parte della donna, adeguandosi al pensiero di Gesù mentre traduce i valori nella Comunità cristiana, all’interno delle diverse culture.
Ho ricordato. all’inizio, che la vita cristiana non si esaurisce nella riflessione sul matrimonio cristiano sulla sua indissolubilità. E’ certamente una grande scelta che però va maturata nelle altre proposte ricordate prima: l’accoglienza dei piccoli e dei poveri, la condivisione, il servizio, la preghiera coraggiosa a Gesù.
Probabilmente questa lettura andrebbe ripresa con fiducia e con coraggio.
Il convegno mondiale della famiglia ci ha aiutati a rileggere la bellezza del progetto di unità della famiglia, la sollecitudine della Comunità cristiana a vivere questa scelta, il valore di segno, fondamentale e coraggioso, oltre che gioioso, che la famiglia porta nel mondo: segno di fedeltà che richiama l’Alleanza.
Il fatto di avere, però, unito insieme “lavoro e festa” ci ha incoraggiati ad entrare nel vivo della realtà famigliare: la bellezza di una autonomia e la garanzia del benessere quando ci sono competenza e lavoro, ma anche la fatica, i pericoli di dilacerazione per la povertà, soprattutto in questa società ricca, l’incapacità a comunicare per le delusioni e le spaccature interne.
Il Convegno ci ha obbligato a ripensare in termini concreti ad una più concreta lettura pastorale. E’ necessario entrare nella conoscenza delle cause delle fratture, nella ricerca di soluzioni, nel sostegno di situazioni fragili, nell’accompagnamento di persone disarmate e senza risorse. E’ importante riprendere la sensibilità per un impegno politico, dovendo affrontare problemi di giustizia sociale, di economia, di responsabilità sul territorio, di impegno sulla crescita e sul lavoro.
Resta aperto tutto l’orizzonte dei valori civici della cittadinanza, i temi e il rispetto della legalità, i rapporti tra persone nella propria nazione e nel mondo intero.
Per le nuove generazioni vanno incoraggiati la ricerca e lo studio per tutti.
Tratto da Qumran2.net |