FARINELLA PAOLO – Nota storica e Nota teologica biblica -www.paolofarinella.eu/ finestra Liturgia]
ALBERTO MAGGI osm -Commento al Vangelo
www.studibiblici.it
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Mc 13, 24-32 –
NOTA DI TEOLOGIA BIBLICA e NOTA STORICA
Tratte dal sito di FARINELLA PAOLO prete – www.paolofarinella.eu/ finestra Liturgia]
Al di là del genere catastrofico-apocalittico, il vangelo di oggi ci insegna a leggere «i segni dei tempi», cioè gli avvenimenti che custodiscono il comandamento di Dio. Il brano di oggi è una «piccola apocalisse» , figlia di un documento giudaico antecedente che in modo angoscioso descriveva la fine del Tempio di Gerusalemme. Il documento giudaico esistente, in ambiente cristiano è diventato uno strumento per prepararsi alla parusìa, cioè al ritorno di Cristo alla fine della storia. Ciò spiega perché i termini della narrazione siano apocalittici a differenza della descrizione della caduta di Gerusalemme che è abbastanza sobria. La gemmazione del fico è immagine della fine dell’inverno e segno della vita che nasce, ma in un contesto di apocalisse, diventa il segno di una distruzione annunciata. Qualunque sarà la fine del mondo, noi sappiamo che Dio sarà sempre con noi fino alla fine (Mt 28,20)
NOTA DI TEOLOGIA BIBLICA.
Escatologia è parola greca composta da «èschata – cose ultime/finali/estreme» e «lògos – discorso/studio/spiegazione/parola». È la dottrina che si occupa della fine della storia e quindi del destino ultimo dell’uomo. Nell’AT è contenuta in modo particolare nei libri profetici di Daniele, Isaia, Ezechiele, Zaccaria, autori che leggendo il loro presente si proiettano nel futuro, descrivendo un tempo messianico di ricchezza e di pace per il popolo di Israele e un «giorno di Yhwh» di giudizio o di salvezza. Al tempo di Gesù, l’attesa del Messia coincideva con la certezza della fine del mondo, dando vita a «battaglie» escatologiche sfrenate tra angeli e demòni, tra «figli della luce e figli delle tenebre».
La morte e la risurrezione di Cristo, però per i cristiani, introducono un cambiamento radicale in questa prospettiva perché ora tutto l’AT è reinterpretato alla luce dell’evento pasquale di Gesù, che per i suoi seguaci è il Messia non solo d’Israele, ma dell’umanità intera. Paolo nelle lettere ai Tessalonicesi deve lottare per fare superare questa concezione, quasi meccanicistica della storia e convincere che la novità di Cristo non è la «fine», ma «un modo nuovo di vivere il tempo e la storia. Il tempo che viviamo tra la risurrezione di Cristo e la fine del mondo è definito «penultimi tempi» in quanto precedono appunto gli «ultimi tempi» della seconda venuta di Cristo per concludere la storia che adesso respira e si compie tra un «già» e un «non ancora» come genialmente ha intuito il teologo protestante Oscar Cullmann.
Apocalittica è parola greca composta dalla preposizione «apò – sotto» e «kalýptō – nascondo», assumendo il significato di «rivelazione/manifestazione delle cose nascoste». Il termine è stato inventato dagli studiosi per descrivere una corrente di pensiero che si è formata almeno dal sec III a.C. fino alla fine del sec. I d.C.3 . Questa corrente interpreta l’escatologia come lotta, battaglia, deflagrazione universale della natura, prendendo in prestito il linguaggio cosmico delle «teofanie» dell’AT, dove Dio si manifesta tra lampi, tuoni, terremoti. E’ evidente che qu apocalittico con un suo vocabolario che bisogna decifrare proprio perché si tratta di un codice di decifrazione. L’aspetto terroristico che è presente nel vocabolario apocalittico deve essere interpretato come un richiamo all’urgenza di prendere una decisione oggi di fronte alla fede o alla non-fede perché sta per scoppiare la battaglia tra «i figli della luce e i figli delle tenebre» . In sostanza l’apocalittica è un forte e traumatico richiamo alla conversione e quindi è parte integrante della fede cristiana.
Queste descrizioni non devono essere prese alla lettera, ma bisogna considerare il genere letterario proprio.
NOTA STORICA. Nella primavera del 40 d. C., a Jamnìa6 i Giudei avevano distrutto un’ara costruita in onore dell’imperatore romano Caligola (12 – 41 d.C.), considerandola una profanazione della Terra santa d’Israele. Caligola, ferito nell’orgoglio e volendo umiliare i Giudei ordinò al suo legato in Siria Publio Petronio (anni 39-42) di erigergli una statua d’oro, nel cuore stesso di Gerusalemme e di ogni Giudeo: all’interno del tempio, nel Santo dei Santi. Il legato , ben consapevole delle conseguenze nefaste di questa folle decisione, senza disobbedire all’imperatore, temporeggiò, finché non sopraggiunse la notizia dell’assassinio dell’imperatore . Il sacrilegio per il momento fu scongiurato . Trent’anni dopo, il 6 agosto del 70 d.C., il generale Tito entrò a cavallo nel Santo dei Santi del tempio incendiato, profanandolo davanti agli occhi attoniti e atterriti dei Giudei che videro in quel sacrilegio l’inizio della fine del mondo. Da quel giorno cessarono i sacrifici e in Israele scomparve il sacerdozio. La tassa per il tempio dovuta dai Giudei fu mantenuta, ma venne trasferita al tempio di Giove sul Campidoglio di Roma. Tutto si capovolse: il tempio che era stato interdetto ai Pagani, pena la morte immediata , ora era profanato dai pagani e proibito ai Giudei che da lontano potevano vedere compiersi la profezia di Daniele: «Forze da lui armate si muoveranno a profanare il santuario della cittadella, aboliranno il sacrificio quotidiano e vi metteranno l’abominio devastante … Dal tempo in cui sarà abolito il sacrificio quotidiano e sarà eretto l’abominio devastante, passeranno milleduecentonovanta giorni» (Dn 11,31; 12,11).
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IL FIGLIO DELL’UOMO RADUNERA’ I SUOI ELETTI DAI QUATTRO VENTI –
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM –
Il messaggio di Gesù è stato chiamato “la Buona Notizia”. Nel suo messaggio non ci sono paure, ma solo speranze. Quindi non minacce, ma delle realtà positive per l’uomo.
Vediamo il Vangelo di Marco in questo capitolo 13, che è talmente difficile e complesso che lo stesso evangelista avverte il lettore – cioè l’incaricato di leggere e interpretare questo suo brano, questo suo documento – che il lettore capisca bene (v. 14).
Scrive Marco: “In quei giorni, dopo quella tribolazione”. A quale tribolazione Gesù si sta riferendo? Alla distruzione del tempio e di Gerusalemme da parte dei romani.
Ebbene, quella che, agli occhi di un israelita poteva sembrare un’immane catastrofe, per Gesù è soltanto l’inizio di un processo di liberazione per tutta l’umanità. E Gesù parla usando il linguaggio tipico dei profeti, e prende in prestito dal profeta Isaia, nel capitolo 13, l’oracolo su Babilonia.
Un oracolo nel quale si annunzia, si dà speranza al popolo, che “ogni regime che è basato sul potere, ha già in sé il germe della distruzione”. Come ha detto il profeta Daniele, “ogni gigante ha i piedi d’argilla”. Quindi Gesù, usando il linguaggio profetico, non annuncia una catastrofe che investe il mondo, ma una catastrofe che investe soltanto la sfera celeste, cioè il luogo dove risiedevano gli dei e, soprattutto, dove ambivano salire le persone che detenevano il potere.
Dice Gesù: “Il sole si oscurerà e la luna non darà più la sua luce”. Sole e luna sono divinità adorate dai pagani. Ebbene, con la caduta di Gerusalemme e l’inizio dell’attività dei discepoli anche nel mondo pagano, queste divinità che erano adorate nel mondo pagano, perderanno il loro splendore. Quando si annunzia la luce del Vangelo tutto il resto si oscura.
Quindi Gesù annunzia la caduta di tutti i poteri che si oppongono al Regno di Dio, “e le stelle cadranno dal cielo”. Chi sono queste stelle? Tutte le persone che detenevano un potere, dal faraone, all’imperatore, ai re, ambivano salire in cielo; erano chiamate “le stelle”. C’è l’oracolo del profeta Isaia, al capitolo 14, dove si riferisce proprio al re di Babilonia, dice: “ambivi salire nei cieli e invece sei stato precipitato nel regno degli inferi”. Quindi “ambivi essere come una stella”, cioè avere la condizione divina, e invece sei caduto.
Allora Gesù annunzia che, con l’inizio della diffusione del suo messaggio, queste stelle, cioè i potenti, che si basano su divinità pagane, nel momento che queste divinità pagane, sole e luna, perdono lo splendore, incominciano a cadere.
E poi Gesù dice: “E le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. “Nei cieli”, nel Vangelo di Marco, c’è il Padre, c’è il Figlio dell’Uomo, ci sono gli angeli. Uniche intruse sono queste potenze, cioè dei poteri che intendevano governare la vita degli uomini. Nel momento dell’annunzio della Buona Notizia queste potenze cominciano ad essere sconvolte.
Allora, scrive l’evangelista: disse Gesù «Allora vedranno»”, non dice ‘vedrete’. Chi sono coloro che vedranno? Nel momento che i potenti cadono dal loro piedistallo, vedono “«il Figlio dell’Uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria»”. Nel momento che le potenze cadono, sale la potenza del Figlio dell’Uomo.
L’evangelista sta dando non un messaggio minaccioso, ma una grande speranza: tutti i potenti cadranno. E il potente, mentre cade, nella sua caduta vede innalzare il Figlio dell’Uomo, cioè la piena dignità dell’uomo. E, continua Gesù, “«manderà gli angeli»” – gli angeli sono i suoi collaboratori – “«e radunerà i suoi eletti»”, che non sono più gli eletti di Israele, ma i nuovi eletti, della nuova comunità del Regno, “«dall’estremità della terra all’estremità del cielo, come un nuovo inizio»”, cioè le sofferenze causate dall’oppressione, vedranno la fine. Vedranno la fine nell’inizio che c’è di questa epoca nuova, di una realtà nuova inaugurata dal Figlio dell’Uomo.
Poi Gesù ammonisce: «Dalla pianta del fico imparate la parabola»”. E’ una parabola conosciuta. Qual è questa parabola? E’ quella che precedeva, al capitolo 12, quella dei vignaioli omicidi ai quali sarà tolta la vigna e sarà data ad altri popoli.
Gesù sta annunziando che, con la distruzione di Gerusalemme, il Regno di Israele finirà, ma si inaugurerà il Regno di Dio, quindi un messaggio pienamente positivo. E, ammonisce Gesù, “«E voi quando vedrete queste cose»”, cioè la distruzione di Gerusalemme, la diffusione del suo messaggio nel mondo pagano, “«Sappiate”, e qui la traduzione dice “che egli è vicino”, ma non c’è “egli”, “«Sappiate che è vicino e alle porte»”.
Cos’è che è vicino alle porte? Gesù ce l’aveva detto, “Il Regno di Dio è vicino”, ma, fintanto che i discepoli, che pensano ancora all’egemonia di Israele, al predominio di Israele, il Regno di Dio non può iniziare, perché il Regno di Dio è universale, non è legato a un popolo. E Gesù garantisce, “«Non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga»”.
Di fatto, sarà nel 70 d.C. che ci sarà la distruzione di Gerusalemme. E, usando un proverbio che significa “tutto passerà, il cielo e la terrà passeranno”, non sta dicendo che finirà il cielo o finirà la terra, ma i due opposti “cielo e terra” significano il tutto, una garanzia, una certezza assoluta. “«Il cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”». Quindi la rovina di Gerusalemme permetterà l’entrata dei pagani nel Regno di Dio. Questo Gesù lo afferma con sicurezza.
“Riguardo però al giorno e all’ora”, qui si rifà alla persecuzione individuale o comunitaria, dice “Nessuno lo sa”, perché naturalmente annunziare questa Buona Notizia porterà la persecuzione. “Né gli angeli del cielo, né il Figlio, eccetto il Padre”. Questo è un invito a fidarsi completamente, a non preoccuparsi. Quindi annunziate la Buona Notizia, questa Buona Notizia vedrà la caduta dei poteri che si oppongono, che naturalmente reagiranno con violenza, ma voi non preoccupatevi perché il Padre si occuperà di voi pienamente
I DOMENICA DI AVVENTO – LA VENUTA DEL SIGNORE
12/11/2017
I DOMENICA DI AVVENTO – LA VENUTA DEL SIGNORE
FARINELLA PAOLO – Nota storica e Nota teologica biblica -www.paolofarinella.eu/ finestra Liturgia]
ALBERTO MAGGI osm -Commento al Vangelo
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Mc 13, 24-32 –
NOTA DI TEOLOGIA BIBLICA e NOTA STORICA
Tratte dal sito di FARINELLA PAOLO prete – www.paolofarinella.eu/ finestra Liturgia]
Al di là del genere catastrofico-apocalittico, il vangelo di oggi ci insegna a leggere «i segni dei tempi», cioè gli avvenimenti che custodiscono il comandamento di Dio. Il brano di oggi è una «piccola apocalisse» , figlia di un documento giudaico antecedente che in modo angoscioso descriveva la fine del Tempio di Gerusalemme. Il documento giudaico esistente, in ambiente cristiano è diventato uno strumento per prepararsi alla parusìa, cioè al ritorno di Cristo alla fine della storia. Ciò spiega perché i termini della narrazione siano apocalittici a differenza della descrizione della caduta di Gerusalemme che è abbastanza sobria. La gemmazione del fico è immagine della fine dell’inverno e segno della vita che nasce, ma in un contesto di apocalisse, diventa il segno di una distruzione annunciata. Qualunque sarà la fine del mondo, noi sappiamo che Dio sarà sempre con noi fino alla fine (Mt 28,20)
NOTA DI TEOLOGIA BIBLICA.
Escatologia è parola greca composta da «èschata – cose ultime/finali/estreme» e «lògos – discorso/studio/spiegazione/parola». È la dottrina che si occupa della fine della storia e quindi del destino ultimo dell’uomo. Nell’AT è contenuta in modo particolare nei libri profetici di Daniele, Isaia, Ezechiele, Zaccaria, autori che leggendo il loro presente si proiettano nel futuro, descrivendo un tempo messianico di ricchezza e di pace per il popolo di Israele e un «giorno di Yhwh» di giudizio o di salvezza. Al tempo di Gesù, l’attesa del Messia coincideva con la certezza della fine del mondo, dando vita a «battaglie» escatologiche sfrenate tra angeli e demòni, tra «figli della luce e figli delle tenebre».
La morte e la risurrezione di Cristo, però per i cristiani, introducono un cambiamento radicale in questa prospettiva perché ora tutto l’AT è reinterpretato alla luce dell’evento pasquale di Gesù, che per i suoi seguaci è il Messia non solo d’Israele, ma dell’umanità intera. Paolo nelle lettere ai Tessalonicesi deve lottare per fare superare questa concezione, quasi meccanicistica della storia e convincere che la novità di Cristo non è la «fine», ma «un modo nuovo di vivere il tempo e la storia. Il tempo che viviamo tra la risurrezione di Cristo e la fine del mondo è definito «penultimi tempi» in quanto precedono appunto gli «ultimi tempi» della seconda venuta di Cristo per concludere la storia che adesso respira e si compie tra un «già» e un «non ancora» come genialmente ha intuito il teologo protestante Oscar Cullmann.
Apocalittica è parola greca composta dalla preposizione «apò – sotto» e «kalýptō – nascondo», assumendo il significato di «rivelazione/manifestazione delle cose nascoste». Il termine è stato inventato dagli studiosi per descrivere una corrente di pensiero che si è formata almeno dal sec III a.C. fino alla fine del sec. I d.C.3 . Questa corrente interpreta l’escatologia come lotta, battaglia, deflagrazione universale della natura, prendendo in prestito il linguaggio cosmico delle «teofanie» dell’AT, dove Dio si manifesta tra lampi, tuoni, terremoti. E’ evidente che qu apocalittico con un suo vocabolario che bisogna decifrare proprio perché si tratta di un codice di decifrazione. L’aspetto terroristico che è presente nel vocabolario apocalittico deve essere interpretato come un richiamo all’urgenza di prendere una decisione oggi di fronte alla fede o alla non-fede perché sta per scoppiare la battaglia tra «i figli della luce e i figli delle tenebre» . In sostanza l’apocalittica è un forte e traumatico richiamo alla conversione e quindi è parte integrante della fede cristiana.
Queste descrizioni non devono essere prese alla lettera, ma bisogna considerare il genere letterario proprio.
NOTA STORICA. Nella primavera del 40 d. C., a Jamnìa6 i Giudei avevano distrutto un’ara costruita in onore dell’imperatore romano Caligola (12 – 41 d.C.), considerandola una profanazione della Terra santa d’Israele. Caligola, ferito nell’orgoglio e volendo umiliare i Giudei ordinò al suo legato in Siria Publio Petronio (anni 39-42) di erigergli una statua d’oro, nel cuore stesso di Gerusalemme e di ogni Giudeo: all’interno del tempio, nel Santo dei Santi. Il legato , ben consapevole delle conseguenze nefaste di questa folle decisione, senza disobbedire all’imperatore, temporeggiò, finché non sopraggiunse la notizia dell’assassinio dell’imperatore . Il sacrilegio per il momento fu scongiurato . Trent’anni dopo, il 6 agosto del 70 d.C., il generale Tito entrò a cavallo nel Santo dei Santi del tempio incendiato, profanandolo davanti agli occhi attoniti e atterriti dei Giudei che videro in quel sacrilegio l’inizio della fine del mondo. Da quel giorno cessarono i sacrifici e in Israele scomparve il sacerdozio. La tassa per il tempio dovuta dai Giudei fu mantenuta, ma venne trasferita al tempio di Giove sul Campidoglio di Roma. Tutto si capovolse: il tempio che era stato interdetto ai Pagani, pena la morte immediata , ora era profanato dai pagani e proibito ai Giudei che da lontano potevano vedere compiersi la profezia di Daniele: «Forze da lui armate si muoveranno a profanare il santuario della cittadella, aboliranno il sacrificio quotidiano e vi metteranno l’abominio devastante … Dal tempo in cui sarà abolito il sacrificio quotidiano e sarà eretto l’abominio devastante, passeranno milleduecentonovanta giorni» (Dn 11,31; 12,11).
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IL FIGLIO DELL’UOMO RADUNERA’ I SUOI ELETTI DAI QUATTRO VENTI –
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM –
Il messaggio di Gesù è stato chiamato “la Buona Notizia”. Nel suo messaggio non ci sono paure, ma solo speranze. Quindi non minacce, ma delle realtà positive per l’uomo.
Vediamo il Vangelo di Marco in questo capitolo 13, che è talmente difficile e complesso che lo stesso evangelista avverte il lettore – cioè l’incaricato di leggere e interpretare questo suo brano, questo suo documento – che il lettore capisca bene (v. 14).
Scrive Marco: “In quei giorni, dopo quella tribolazione”. A quale tribolazione Gesù si sta riferendo? Alla distruzione del tempio e di Gerusalemme da parte dei romani.
Ebbene, quella che, agli occhi di un israelita poteva sembrare un’immane catastrofe, per Gesù è soltanto l’inizio di un processo di liberazione per tutta l’umanità. E Gesù parla usando il linguaggio tipico dei profeti, e prende in prestito dal profeta Isaia, nel capitolo 13, l’oracolo su Babilonia.
Un oracolo nel quale si annunzia, si dà speranza al popolo, che “ogni regime che è basato sul potere, ha già in sé il germe della distruzione”. Come ha detto il profeta Daniele, “ogni gigante ha i piedi d’argilla”. Quindi Gesù, usando il linguaggio profetico, non annuncia una catastrofe che investe il mondo, ma una catastrofe che investe soltanto la sfera celeste, cioè il luogo dove risiedevano gli dei e, soprattutto, dove ambivano salire le persone che detenevano il potere.
Dice Gesù: “Il sole si oscurerà e la luna non darà più la sua luce”. Sole e luna sono divinità adorate dai pagani. Ebbene, con la caduta di Gerusalemme e l’inizio dell’attività dei discepoli anche nel mondo pagano, queste divinità che erano adorate nel mondo pagano, perderanno il loro splendore. Quando si annunzia la luce del Vangelo tutto il resto si oscura.
Quindi Gesù annunzia la caduta di tutti i poteri che si oppongono al Regno di Dio, “e le stelle cadranno dal cielo”. Chi sono queste stelle? Tutte le persone che detenevano un potere, dal faraone, all’imperatore, ai re, ambivano salire in cielo; erano chiamate “le stelle”. C’è l’oracolo del profeta Isaia, al capitolo 14, dove si riferisce proprio al re di Babilonia, dice: “ambivi salire nei cieli e invece sei stato precipitato nel regno degli inferi”. Quindi “ambivi essere come una stella”, cioè avere la condizione divina, e invece sei caduto.
Allora Gesù annunzia che, con l’inizio della diffusione del suo messaggio, queste stelle, cioè i potenti, che si basano su divinità pagane, nel momento che queste divinità pagane, sole e luna, perdono lo splendore, incominciano a cadere.
E poi Gesù dice: “E le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. “Nei cieli”, nel Vangelo di Marco, c’è il Padre, c’è il Figlio dell’Uomo, ci sono gli angeli. Uniche intruse sono queste potenze, cioè dei poteri che intendevano governare la vita degli uomini. Nel momento dell’annunzio della Buona Notizia queste potenze cominciano ad essere sconvolte.
Allora, scrive l’evangelista: disse Gesù «Allora vedranno»”, non dice ‘vedrete’. Chi sono coloro che vedranno? Nel momento che i potenti cadono dal loro piedistallo, vedono “«il Figlio dell’Uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria»”. Nel momento che le potenze cadono, sale la potenza del Figlio dell’Uomo.
L’evangelista sta dando non un messaggio minaccioso, ma una grande speranza: tutti i potenti cadranno. E il potente, mentre cade, nella sua caduta vede innalzare il Figlio dell’Uomo, cioè la piena dignità dell’uomo. E, continua Gesù, “«manderà gli angeli»” – gli angeli sono i suoi collaboratori – “«e radunerà i suoi eletti»”, che non sono più gli eletti di Israele, ma i nuovi eletti, della nuova comunità del Regno, “«dall’estremità della terra all’estremità del cielo, come un nuovo inizio»”, cioè le sofferenze causate dall’oppressione, vedranno la fine. Vedranno la fine nell’inizio che c’è di questa epoca nuova, di una realtà nuova inaugurata dal Figlio dell’Uomo.
Poi Gesù ammonisce: «Dalla pianta del fico imparate la parabola»”. E’ una parabola conosciuta. Qual è questa parabola? E’ quella che precedeva, al capitolo 12, quella dei vignaioli omicidi ai quali sarà tolta la vigna e sarà data ad altri popoli.
Gesù sta annunziando che, con la distruzione di Gerusalemme, il Regno di Israele finirà, ma si inaugurerà il Regno di Dio, quindi un messaggio pienamente positivo. E, ammonisce Gesù, “«E voi quando vedrete queste cose»”, cioè la distruzione di Gerusalemme, la diffusione del suo messaggio nel mondo pagano, “«Sappiate”, e qui la traduzione dice “che egli è vicino”, ma non c’è “egli”, “«Sappiate che è vicino e alle porte»”.
Cos’è che è vicino alle porte? Gesù ce l’aveva detto, “Il Regno di Dio è vicino”, ma, fintanto che i discepoli, che pensano ancora all’egemonia di Israele, al predominio di Israele, il Regno di Dio non può iniziare, perché il Regno di Dio è universale, non è legato a un popolo. E Gesù garantisce, “«Non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga»”.
Di fatto, sarà nel 70 d.C. che ci sarà la distruzione di Gerusalemme. E, usando un proverbio che significa “tutto passerà, il cielo e la terrà passeranno”, non sta dicendo che finirà il cielo o finirà la terra, ma i due opposti “cielo e terra” significano il tutto, una garanzia, una certezza assoluta. “«Il cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”». Quindi la rovina di Gerusalemme permetterà l’entrata dei pagani nel Regno di Dio. Questo Gesù lo afferma con sicurezza.
“Riguardo però al giorno e all’ora”, qui si rifà alla persecuzione individuale o comunitaria, dice “Nessuno lo sa”, perché naturalmente annunziare questa Buona Notizia porterà la persecuzione. “Né gli angeli del cielo, né il Figlio, eccetto il Padre”. Questo è un invito a fidarsi completamente, a non preoccuparsi. Quindi annunziate la Buona Notizia, questa Buona Notizia vedrà la caduta dei poteri che si oppongono, che naturalmente reagiranno con violenza, ma voi non preoccupatevi perché il Padre si occuperà di voi pienamente