19/02/2017
PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA–detta «della divina clemenza»
Anno A – Rito Ambrosiano
Introduzione
«Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»: è la parola di Gesù che illumina questa Penultima Domenica dopo l’Epifania. La liturgia orienta già il nostro sguardo verso la Quaresima, richiamando la grandezza della misericordia di Dio, che guida e accompagna tutta la nostra esistenza, nonostante le nostre fragilità e infedeltà: «Non si ricordarono del tuo amore, ma Dio li salvò per il suo nome. Si ricordò della sua alleanza con loro e si mosse a compassione, per il suo grande amore». Il Signore ci libera dal peso opprimente del peccato e ci invita a superare una semplice accoglienza formale dei comandamenti per riconoscere in essi il suo stesso dono d’amore: nella sua misericordia si apre un nuovo orizzonte, quello della libertà e dell’amore. Per questo preghiamo: «Tu sei giusto, Signore; usa misericordia col tuo servo».
MESSA NEL GIORNO
RITI DI INTRODUZIONE
ALL’INGRESSO Sal 61,9
Sperate in Dio, popoli di ogni luogo, aprite al suo cospetto il vostro cuore; egli è il nostro rifugio.
ATTO PENITENZIALE
Carissimi, il Signore Gesù ha detto: «Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra». Invitati alla mensa del suo sacrificio redentore, riconosciamoci tutti peccatori e bisognosi di perdono, per essere rinnovati dalla sua infinita misericordia.
Pietà di noi, Signore.
Contro di te abbiamo peccato.
Mostraci, Signore, la tua misericordia.
E donaci la tua salvezza.
Dio onnipotente abbia misericordia di noi perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.
Amen.
GLORIA
Gloria a Dio, nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre; tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo; nella gloria di Dio Padre. Amen.
ALL’INIZIO DELL’ASSEMBLEA LITURGICA
Preghiamo.
O Dio, certezza e forza di chi spera in te, ascolta la nostra preghiera: concedi l’aiuto della tua grazia alla debolezza umana che senza di te non può nulla perché possiamo piacerti con la fedeltà alla tua legge nelle intenzioni e nelle opere. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
LETTURA Bar 1, 15a; 2, 9-15a
Nella tua misericordia verso di noi tutta la terra riconosca che sei il nostro Dio.
Lettura del profeta Baruc.
Direte in quei giorni: «Il Signore ha vegliato su questi mali e li ha mandati sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandato, mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, camminando secondo i decreti che aveva posto davanti al nostro volto.
Ora, Signore, Dio d’Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome, qual è oggi, noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio».
Parola di Dio.
Rendiamo grazie a Dio
SALMO Sal 105 (106)
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie. R.
Non si ricordarono della grandezza del tuo amore e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso.
Ma Dio li salvò per il suo nome,
per far conoscere la sua potenza. R.
Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti
e furono abbattuti per le loro colpe;
ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido. R.
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo. R.
EPISTOLA Rm 7, 1-6a
In Cristo siamo liberati dalla legge per non essere più adulteri, ma appartenere a lui.
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
O forse ignorate, fratelli – parlo a gente che conosce la legge – che la legge ha potere sull’uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, per legge è legata al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è liberata dalla legge che la lega al marito. Ella sarà dunque considerata adultera se passa a un altro uomo mentre il marito vive; ma se il marito muore ella è libera dalla legge, tanto che non è più adultera se passa a un altro uomo. Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo.
Parola di Dio.
Rendiamo grazie a Dio
CANTO AL VANGELO Mt 5, 7
Alleluia. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Alleluia.
VANGELO Gv 8, 1-11
L’adultera.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni.
In quel tempo. Il Signore Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Parola del Signore.
Lode a te, o Cristo
DOPO IL VANGELO Sal 85 (86), 1a.2b-3a
Porgimi orecchio, Signore, e ascoltami.
Salva il tuo servo, o Dio, che spera in te.
Abbi pietà di me perché sempre ti invoco.
PREGHIERA UNIVERSALE
Fratelli e sorelle, con animo lieto e riconoscente, presentiamo le nostre umili preghiere al Padre che, offrendo ci il suo perdono, ci invita a essere testimoni del suo amore che salva.
Nella tua clemenza ascoltaci, Signore.
Per la Chiesa, perché, conducendo a Cristo quanti sono abbandonati e oppressi, si manifesti sempre più come luogo dell’accoglienza fraterna, della riconciliazione e del perdono, preghiamo. R
Per gli uomini e le donne che si sentono disorientati dal mondo, perché, in Dio e nella sua promessa di redenzione, trovino consolazione e nuova speranza, preghiamo. R
Per ciascuno di noi, perché, riconoscendosi amato dal Signore, sappia portare in ogni ambiente di vita la luce della sua Parola, fonte di gioia e salvezza, preghiamo. R
(altre intenzioni)
A CONCLUSIONE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA
O Dio, che ci hai rivelato di voler abitare in chi è retto e sincero, donaci la sete di verità e di giustizia che fa del nostro cuore il tempio della divina presenza. Per Cristo nostro Signore.
Amen.
LITURGIA EUCARISTICA
PROFESSIONE DI FEDE
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,
(Alle parole «e per opera dello Spirito Santo… si è fatto uomo», tutti si inchinano.)
e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
SUI DONI
Accetta, o Dio misericordioso, le offerte che ti consacriamo e concedi che siano per noi sicuro e perenne sostegno. Per Cristo nostro Signore.
Amen.
PREFAZIO
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo, a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Mirabile è l’opera compiuta da Cristo tuo Figlio nel mistero pasquale: egli ci ha tratto dalla schiavitù del peccato e della morte alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di sua conquista per annunziare al mondo la tua potenza, o Padre, che dalle tenebre ci hai chiamato allo splendore della tua luce.
Riconoscenti e gioiosi, ci uniamo concordi alle schiere degli angeli che elevano a te il loro inno di lode:
Santo, Santo, Santo…
ANAMNESI
Mistero della fede.
Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta.
ALLO SPEZZARE DEL PANE Sal 88 (89), 2, 51a
Canterò senza fine la pietà del Signore.
Con la mia bocca annunzierò
a tutte le genti la tua verità.
O Signore, ricordati di me.
PADRE NOSTRO
Padre nostro che sei nei cieli,……..
ALLA COMUNIONE
Chi degnamente si ciba dei doni di Cristo
non sarà condannato,
ma salvato per grazia di Dio.
DOPO LA COMUNIONE
Preghiamo.
O Dio, Padre santo, che ci hai saziato col Pane di vita, serbaci nel canto della tua lode e portaci a eterna salvezza. Per Cristo nostro Signore.
Amen.
RITI DI CONCLUSIONE
Il Signore sia con voi.
E con il tuo Spirito. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.
Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Amen.
———————————————————————————————
Traccia di comprensione per Bar 2,9-15a; Rm 7,1-6a; Gv 8,1-11
don Raffaello Ciccone
Penultima domenica dopo Epifania (anno A)
Lettura del profeta Baruc 2, 9-15a
Il libro è attribuito a Baruc, noto come fedele segretario del profeta Geremia. Anzi, egli divenne un personaggio tipico, “lo scriba fedele della Parola di Dio” Il libro contiene materiali diversi, sia per genere letterario che per epoca di composizione. Si può pensare ad un’antologia e il brano di oggi fa parte di una Liturgia penitenziale (1,15b-3,8).
Il peccato è visto come rifiuto di ascoltare la voce del Signore, disprezzo dei suoi comandamenti, abbandono della sapienza da parte del popolo d’Israele. Il popolo risulta diviso in due gruppi: una parte abita a Gerusalemme e nella terra d’Israele e un’altra parte vive lontano, a Babilonia, pur guardando Gerusalemme come centro spirituale. Di fronte a comportamenti umani di peccato, come fari, brillano la giustizia, la fedeltà, la bontà e la misericordia di Dio.
E’ difficile stabilire con precisione la data di composizione del libro, in particolare dei primi cinque capitoli. Alcune somiglianze con il libro di Daniele fanno pensare al II sec. a.C. Il libro, almeno in alcune sue parti (se non tutte), fu scritto originariamente in ebraico o aramaico; ma il testo che possediamo ci è pervenuto nella versione greca dei LXX. Il libro di Baruc non fa parte del canone ebraico: è un testo deuterocanonico.
Comunque si voglia leggere il contesto, ci si ritrova sempre in una situazione di dispersione, simile a quella dell’esilio.
Il profeta ammette che Dio è giusto in tutte le sue opere e che la colpa e il male non vengono da parte di Dio (v 9). Israele infatti sapeva ciò che sarebbe avvenuto se avesse peccato. Ma ha voluto ugualmente la maledizione (1,20). In tal modo ha scelto la propria rovina.
“Tu, Signore, hai fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto… e noi abbiamo peccato… siamo stati empi. Si allontani da noi la tua ira. Salvaci per il tuo nome”. Il perdono viene invocato con due formule precise: “Allontana da noi lo sdegno” (2, 13); “liberaci” (2,14). Qui si invocano di nuovo una salvezza e una liberazione; qui, finalmente, ci si accorge a chi rivolgersi e a chi no, consapevoli di chi può e chi non può; qui la liberazione è il vero desiderio.
Il popolo è cosciente di dover vivere nella penitenza e nella sottomissione al potere politico che gli stranieri hanno imposto poiché è l’unico modo per scontare i propri peccati e mantenere la possibilità di vivere. Israele si affida al Signore e alla preghiera che sorge da una terra di dispersione. Solo in tal modo riesce finalmente a creare una comunità, nonostante la lontananza e la “diaspora”.
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 7, 1-6a
L’umanità, inserita mediante la fede e il battesimo, non solo è libera dal peccato (cap 6), ma è anche libera dalla legge (cap 7). La legge regola i rapporti solo tra i vivi. La morte li sospende come dimostra la legge matrimoniale (vv 2-3).
Con la morte di Gesù è stata vinta la legge anche in ciascuno di noi perché con il battesimo, la morte mistica di ciascuno, decade ogni diritto di proprietà, e siamo liberati dal dominio della legge. Il credente, che col battesimo muore al peccato, muore anche alla legge. Infatti essa non dà nessun aiuto per superare il male, in pratica risulta solo il megafono di un male esistente nel mondo e di cui non possiamo liberarci. Affidarci solo alla legge e al rispetto della legge non provoca la vita né la liberazione. Queste possono sprigionarsi solo in colui che si è posto al seguito di Gesù risuscitato,
nella fede. Solo allora, finalmente, produce una fecondità nuova per la vita e non per la morte “(vv 4b-5). Così, noi entriamo nel “regime nuovo dello Spirito” che non si regola più sulla norma scritta, imposta a ciascuno dall’esterno, capace solo di richiedere fatica e sforzi infruttuosi di adesione. Lo Spirito anima il credente dell’interno e lo muove verso una fecondità spontanea e gioiosa.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 1-11
Questo testo ha creato molti interrogativi sia per il linguaggio, che assomiglia di più allo stile di Luca sia per la sua assenza negli antichissimi manoscritti biblici del NT a noi giunti. Esso compare e si diffonde solo a partire dal quarto o quinto secolo. Si ha quasi l’impressione che un racconto di questo genere avesse creato disagio e fastidio nelle prime Chiese, tanto da supporre che una lettura normale potesse provocare nei cristiani assuefazione al male e superficialità. E’ come se negli antichi manoscritti si fosse strappato una pagina per evitare che le persone più fragili potessero scandalizzarsene. Si parla, infatti, di una straordinaria disponibilità di Gesù alla misericordia.
E tuttavia non è un testo permissivo. Gesù ricupera la persona, le dà l’opportunità di ripensare ciò che ha fatto, la incoraggia a riesaminare in termini completamente nuovi la propria esistenza. E questo, senza passare attraverso il castigo, o il giudizio degli uomini, pur avvalorato dalla legge di Mosé.
Gesù, che frequenta il tempio dalla mattina molto presto e che raccoglie attorno a sé molte persone che si fermano estasiate ad ascoltarlo, si vede portare davanti, strattonata e spinta in tutti i modi, una donna accusata di flagrante adulterio da due gruppi di persone: scribi i farisei.
Non sembra che si voglia fare il processo, seduta stante, quanto piuttosto si chiede il parere di Gesù su una grave infrazione della legge che formalmente prevede la lapidazione. Probabilmente gli accusatori non sarebbero arrivati subito a tanto, ma, certo, questo “gruppo del buon costume” organizzato in Gerusalemme, avrebbe creato drammi e timori in questa donna e nei presenti, ristabilendo ordine nel lassismo imperante, e, nel contempo, avrebbero sfruttato un’occasione unica, lampante ed esaltante insieme, per mettere in cattiva luce Gesù. Essi vogliono coglierlo in
contraddizione: o con la legge di Mosé o con la misericordia che spesso Gesù, richiama, facendo riferimento al Padre.
Di fronte allo schiamazzo, alle urla decise e convinte delle proprie ragioni, ripetute in modo sempre più violento dagli accusatori, di fronte alla situazione onestamente pruriginosa e paradossale, ma anche chiarissima, tutti si aspettano una conclusione rigida e definitiva che sfociasse nella morte.
Per procedere nella lapidazione, in caso di sentenza pronunciata dal giudice, è necessario che qualcuno, per primo, cominciasse a scagliare una prima pietra. E’ il diritto-dovere che spetta al testimone sulla cui testimonianza si sono basati processo e condanna. Così Gesù, che fa appello a chi ritiene di avere diritto di iniziare l’esecuzione della sentenza di morte, richiama un’altra verità, ancora più importante, che è quella della coscienza di ciascuno e che nessuno conosce, tranne Dio.
Poiché una testimonianza bugiarda, in coscienza, avrebbe reso omicida il testimone, Gesù formula una diversa verifica sul diritto di procedere all’esecuzione: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Ma, nel frattempo, Gesù assume un atteggiamento assai diverso, non provocatorio e libero da giudizio. Scrivere per terra è ricuperare tempo; lasciar sfogare senza fissare la persona che accusa; accettare che nel cuore di ciascuno maturi il proprio giudizio. Si sente, qui, la fermezza ed anche la fiducia che il rapporto religioso corretto, ricostruito con Dio, sa fare il miracolo di una consapevolezza.
Se la donna non è condannata da nessuno, neppure Gesù condanna la donna. Egli, che conosce a fondo il cuore delle persone, non è venuto per condannare, ma per dare la vita al mondo (Gv 12,27).
E però il richiamo alla legge morale, come rapporto prezioso e insostituibile con Dio, fa aprire a Gesù gli orizzonti verso il futuro coerente. “Non peccare più”, dice Gesù.
Così viene lasciato alla coscienza un progetto futuro nuovo. Si ricuperino la libertà e l’attenzione a Dio che per primo ci vuole bene e ci perdona, per aprire noi e gli altri alla speranza.
Gli accusatori si fermano a tempo e se ne vanno via. O si resta fiduciosi e umili con Cristo, o ci si allontana. Davanti a Cristo non si può essere veri e giustizieri, tranquilli e sicuri della propria maschera.
La nostra eresia è quella di pensare Cristo giudice, o addirittura di pretenderlo. E invece dobbiamo essere noi a saperci verificare. Quanto accettiamo la misericordia di Dio?
Quanto restiamo induriti al seguito di Cristo e giudici degli altri, senza avere il coraggio, almeno, di andarcene consapevoli?
Restare con il Signore nonostante il rifiuto di una nostra verifica non ci fa intravedere la speranza e la salvezza. E così, ci ricorda il Signore, “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio” (Mt 21,31).
Tratto da Qumran2.net